lunedì 20 febbraio 2012

LA NATURA DELL'ESSERE

Paradossi


Parte II

[...] Nella maggior parte dei casi l'uomo si identifica con ciò che gli altri pensano di lui, con il modo in cui lo trattano, con il loro atteggiamento nei suoi confronti. L'uomo pensa sempre che la gente non l'apprezzi abbastanza, che non sia abbastanza cortese o educata. Tutto questo lo tormenta, lo preoccupa, lo rende sospettoso; egli disperde in congetture o supposizioni una enorme quantità di energie, sviluppando in sè un atteggiamento diffidente ed ostile verso gli altri. Come lo si guarda, ciò che si pensa di lui, ciò che si dice di lui, tutto questo assume ai suoi occhi un'importanza enorme.
Ed egli 'considera' non soltanto le persone, ma la società e le condizioni storiche. Tutto ciò che non gli piace gli pare ingiusto, illegittimo, falso e illogico. E il punto di partenza del suo giudizio è sempre che le cose possono e devono essere cambiate. L' 'ingiustizia' è una di quelle parole che servono spesso a mascherare la 'considerazione'. Quando un uomo si è convinto che è un' 'ingiustizia' che lo disgusta, smettere di considerare equivarrebbe per lui a 'riconciliarsi con l'ingiustizia'. [...]
Tutto questo non è altro che 'identificazione', e se ne potrebbero citare molte altre forme. Questo genere di considerazione, si fonda interamente sulle 'esigenze'. L'uomo dentro di sè, 'esige' che tutti lo prendano per qualcuno di notevole, al quale ognuno dovrebbe testimoniare rispetto, stima e ammirazione, per la sua intelligenza, la sua bellezza, la sua abilità, il suo senso dell'umorismo, la sua presenza di spirito, la sua originalità e tutte le sue altre qualità.
Queste 'esigenze' si fondano a loro volta sulla nozione completamente fantastica che le persone hanno di sè stesse, cosa che accade spesso, anche con persone di apparenza molto modesta. In quanto agli scrittori, attori, musicisti, artisti e uomini politici, sono quasi senza eccezione degli ammalati. E di cosa soffrono? Prima di tutto, di una straordinaria opinione di sè stessi, poi di esigenze e, infine, di 'considerazione', cioè di una predisposizione ad offendersi per la più piccola mancanza di comprensione o di apprezzamento.
Vi è ancora un'altra forma di 'considerazione' che può sottrarre ad un uomo gran parte della sua energia. Essa parte dall'atteggiamento secondo il quale egli crede di non considerare abbastanza un'altra persona e che quest'ultima ne sia offesa. Egli comincia a dirsi che forse non pensa abbastanza a quest'altra persona, non le presta sufficiente attenzione e non le fa un posto abbastanza grande. Tutto ciò non è che debolezza. Gli uomini hanno puara gli uni degli altri. E ciò può condurre molto lontano. Ho visto spesso dei casi del genere. Un uomo può arrivare in tal modo a perdere il suo equilibrio, se mai ne ha avuto uno, e comportarsi in modo del tutto insensato. Si adira contro sè stesso e sente sino a che punto è stupido, ma non può fermarsi, perchè in tale situazione la soluzione sta precisamente nel 'non considerare'.
Un altro esempio, forse ancora peggiore, è quello dell'uomo che ritiene di 'dover' fare qualche cosa, mentre in realtà non deve fare assolutamente nulla. 'Dovere' e 'non dovere' è un problema difficile: è difficile comprendere quando un uomo 'deve' realmente e quando 'non deve'. Questo problema non può essere affrontato che dal punto di vista dello 'scopo'. Quando un uomo ha uno scopo, deve fare unicamente ciò che gli permette di avvicinarsi ad esso e non fare niente che da esso lo possa allontanare.
Come ho già detto, le persone immaginano spesso che se cominciano a combattere la considerazione, perderanno la loro sincerità e ne hanno paura, perchè pensano di perdere qualche cosa, una parte di sè stessi. Si verifica qui lo stesso fenomeno che avviene nei tentativi di lotta contro l'espressione delle emozioni negative. La sola differenza è che in questo caso l'uomo lotta contro l'espressione 'esteriore' delle sue emozioni e nell'altro contro la manifestazione 'interiore' di emozioni che sono forse le stesse.
Questo timore di perdere la propria sincerità è naturalmente un inganno, una di quelle formule menzognere sulle quali poggia la debolezza umana. L'uomo non può impedirsi di identificarsi e di 'considerare interiormente', non può esimersi dall'esprimere le emozioni sgradevoli, per l'unica ragione che è debole. L'identificazione, la considerazione, l'espressione delle emozioni sono manifestazioni della sua debolezza, della sua impotenza, della sua incapacità di dominarsi. Ma, non volendo confessare a sè stesso questa sua debolezza, la chiama 'sincerità' o 'onestà' e dice a se stesso che non desidera lottare contro la sua sincerità, mentre in realtà è incapace di lottare contro le sue debolezze.
La sincerità, l'onestà sono in realtà qualche cosa di differente. Ciò che in questo caso un uomo chiama 'sincerità' è semplicemente non avere voglia di controllarsi. E nel suo intimo ogni uomo lo sa bene. Quindi egli mente a sè stesso ogni volta che pretende di non voler perdere la sua sincerità. [...]


Tratto da: Frammenti di un insegnamento sconosciuto.
P.D. Ouspensky













mercoledì 8 febbraio 2012

LA NATURA DELL'ESSERE

Paradossi


Nell'apparente insolvibile Mare Magnum della nostra incoscienza, non possiamo fare a meno di notare quanto la nostra forma comunicativa sia particolarmente menomata. Una delle ragioni di questo mancato appuntamento con l'empatia è dovuto in gran parte al nostro modo separato di intenderci con tutto, all'indefessa attitudine di prendersi comunque terribilmente sul serio, nel vedere sè stessi come un plus-valore indispensabile alla vita in generale! Ma cos'è in realtà che mantiene in noi questo miraggio ingiustificato? 
Vi sarà certamente capitato di fraintendere durante un discorso tra amici, conoscenti o, semplicemente, con una persona cara.. quello che la persona voleva comunicarvi.!. Oppure quante volte voi stessi pensavate di spiegare in modo chiaro e preparato un concetto e... la persona che vi sta di fronte, non solo non ha capito il succo del discorso, ma ha proseguito la vostra congettura costruendo una sua strada, senza troppo farsi intimidire!
La parola stessa assume in questi casi un valore esagerato (sempre nella sua forma interpretativa), soggetta appunto a diversi stati influenzanti del nostro corpo; per quanto possa sembrare assurdo, una stessa locuzione può disporsi in modo alquanto imbarazzante nel contesto cognitivo, se non addirittura venir interpretata con significato opposto! Oggi prenderemo in esame una parola particolarmente equivoca e, per l'appunto, fraintendibile in più di un'occasione: il termine scelto non è preso a caso, ma costituisce un esempio ottimale su quanto un sostantivo possa subire così tante e ambivalenti significati.! 
Senza entrare troppo nello specifico del perchè questo accada, manteniamo comunque vigile la nostra attenzione sul potenziale significato di certi contesti grammaticali: ciò nonostante non dimentichiamoci che prima della grammatica viene la forma-pensiero e la sua innata collusione con le parti meno evolute del nostro Essere! Con lo scritto che segue non si vuole far altro che dimostrare quanto un termine sia collegabile ad uno stato di coscienza e che, il termine stesso, se analizzato sotto un contesto differente (più universale) assuma o possa assumere ben altri connotati! 
Buona lettura quindi..

A cura di Fabbri Marco






Parte I

[...] L'identificazione è una caratteristica talmente comune, che nell'intento di osservare se stessi, è difficile separarla da altre cose. L'uomo è sempre in stato di identificazione, ciò che cambia è solo l'oggetto della sua identificazione.
L'uomo si identifica con un piccolo problema che trova sul suo cammino e dimentica completamente i grandi scopi che si proponeva all'inizio del suo lavoro. Si identifica con un pensiero e dimentica tutti gli altri. Si indentifica con una emozione, con un umore, e dimentica gli altri suoi sentimenti più profondi. Lavorando su di sè, le persone si identificano talmente con scopi isolati da perdere di vista l'insieme. I pochi alberi più vicini finiscono per rappresentare, per loro, tutta la foresta. L'identificazione è il nostro nemico più terribile, perchè penetra ovunque e ci inganna proprio nel momento in cui crediamo di lottare contro di essa. Se ci è tanto difficile liberarci dalla identificazione, è perchè ci identifichiamo più facilmente con le cose a cui siamo maggiormente interessati. Per liberarsi dall'identificazione, l'uomo deve stare costantemente in guardia ed essere inflessibile verso sè stesso: non deve aver paura di smascherare tutte le sue forme più sottili e nascoste.
E' indispensabile vedere, studiare l'identificazione, al fine di scoprire in noi stessi le radici più profonde. Ma la difficoltà della lotta contro l'identificazione è accresciuta ulteriormente dal fatto che, quando le persone la riconoscono, la considerano una qualità eccellente e le attribuiscono nomi quali 'entusiasmo', 'zelo', 'passione', 'spontaneità', 'ispirazione', ecc. Ritengono che non si possa fare realmente un buon lavoro, in qualsiasi campo, se non in stato di identificazione. In realtà, è un'illusione. In tale stato l'uomo non può fare nulla di sensato. [...]
L'identificazione è l'ostacolo principale al ricordarsi di sè. Un uomo che si identifica è incapace di ricordarsi di sè stesso. Per potersi ricordare di sè, occorre per prima cosa non identificarsi. Ma per imparare a non identificarsi, l'uomo deve innanzi tutto non identificarsi con sè stesso,  non chiamare sè stesso 'io' sempre e in tutte le occasioni. Egli deve ricordarsi che in lui sono due, che c'è lui stesso, cioè 'Io' in lui, e un altro, con il quale deve lottare e che deve vincere se desidera raggiungere qualcosa. Fin quando un uomo si identifica o è suscettibile di identificarsi, è schiavo di tutto ciò che può accadergli. La libertà significa innanzitutto: liberarsi dall'identificazione.[...]

Fine della prima parte... Continua

Tratto da Frammenti di un insegnamento sconosciuto.. 
P.D. Ouspensky