domenica 27 novembre 2011

L'AVVENTURA DELLA COSCIENZA



SOTTO IL SEGNO DEGLI DEI
Parte III

[...] E' così che milioni di idee-forza si dividono il mondo: comunismo e individualismo, non violenza e forza guerriera, epicureismo ed ascetismo... Ognuna è una sfaccettatura della Verità divina, ognuna un raggio di Dio. In nessuna c'è errore assoluto: ci sono soltanto divisioni della Verità. Certo, potremmo vedere la verità di tutte e farne una sintesi; ma qualunque sintesi non raggiungerà mai l'unità, perchè sarà pur sempre una sintesi mentale: un minestrone, non un'unità. Ognuna sarà il prisma che serve appunto a dimostrare come tutti i colori abbiano origine da un'unica luce; ma intanto, in PRATICA, i colori nel mondo restano divisi: tutte le forze emanate sul piano surmentale avranno le caratteristiche di questa divisione originaria.
E' opportuno sottolineare che non si tratta qui di risolvere un problema teorico o una questione filosofica: siamo di fronte ad un FATTO COSMICO. Si tratta  di un fenomeno organico, come le spine sul dorso dell'istrice. Affinchè la divisione cessi bisogna far sparire il prisma. Il perchè della divisione è proprio questo: il mondo resterà sempre ineluttabilmente diviso finchè il principio mentale (dalla sua espressione più bassa alla più alta, dalla Mente comune al Surmentale) continuerà a dominare il mondo.
Si può comunque concepire che in un futuro più o meno prossimo s'incarni sulla terra una coscienza surmentale perfetta, o anche diverse coscienze surmentali. Tutta la parte umana meno evoluta si potrebbe raccogliere attorno a questi centri luminosi e vivere armoniosamente; in questo mondo la vita potrebbe cambiare e ci sarebbe una specie di unità. Ma si tratterebbe di un'unità nell'ambito di un solo raggio luminoso: alcuni resterebbero ad esempio nel raggio della Bellezza pura, altri in quello, poniamo, di un Comunismo integrale fondato sull'amore fraterno (ma, visto l'andamento dell'evoluzione, è purtroppo abbastanza probabile che siano raggi di una luce ben dura, centrati attorno a un'ideologia economica o titanica). Ma pur ammettendo che nel mondo si accendano focolai divini, la loro unità non soltanto andrebbe a scapito della variegatissima diversità della vita, ma si troverebbe minacciata dall'oscurità circostante. Tendiamo infatti sempre a dimenticare la disparità di livello evolutivo che esiste tra gli uomini, sempiterna falla nelle mura delle nostre utopie: questi centri di grazia sarebbero ISOLE DI LUCE nel corpo di un'umanità meno evoluta, che tenderebbe di continuo a impadronirsene, oscurando o livellando quella luce privilegiata. Sappiamo tutti qual'è stato il destino della Grecia e di Roma accerchiate dal  mondo barbaro. Si direbbe che, per una legge evolutiva molto saggia, l'evoluzione del mondo sia legata alla totalità del mondo e che niente si possa salvare a meno che tutto non si salvi. Le scomuniche e gli inferni sono invenzioni di un'ignoranza puerile, così come i paesi della cuccagna, sia di quaggiù che di lassù: non può esistere un paradiso finchè un solo essere umano sta all'inferno! Esiste soltanto UN Uomo. E poi, volendo anche supporre che una di queste isole di luce possa resistere alle incursioni esterne grazie al Potere che ne è all'origine, niente ci assicura che la protezione duri più a lungo del Potere che l'ha originata. La storia di tutti i movimenti religiosi, iniziatici, occulti e cavallereschi nel mondo, ci mostra con sufficiente evidenza che dopo la morte del Maestro e dei suoi diretti iniziati tutto si deforma, si volgarizza, si livella, si disperde o muore. la legge della 'gravitazione verso il fondo' sembra finora insormontabile. Bisogna quindi che sia trasformata tutta la vita - e non solo un fascio di luce privilegiata o un'isola felice -, se vogliamo che l'evoluzione trionfi. Per questo occorre però un altro Potere, che sia in grado di resistere alla gravitazione: un altro principio di coscienza indiviso e globale, in grado di contenere l'incalcolabile diversità della vita senza tuttavia mutilarla. Se invece che da un punto di vista collettivo guardiamo l'evoluzione dal punto di vista dell'individuo, ci rendiamo conto che anche in questo caso il Surmentale non garantisce quella pienezza di vita a cui l'uomo aspira. Se il fine dell'evoluzione è quello di sfornare più Beethoven e Rimbaud - magari assieme a qualche super-Platone - , non possiamo impedirci di giudicarlo un ben povero risultato, dopo tanti milioni di anni di sforzi e dopo tanti miliardi d'indivisui sprecati strada facendo. [...]


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A cura di Fabbri Marco









venerdì 18 novembre 2011

L'AVVENTURA DELLA COSCIENZA



SOTTO IL SEGNO DEGLI DEI
Parte II 

[...] Ma se l'evoluzione è evoluzione della Coscienza, possiamo immaginare che l'umanità non rimarrà per sempre allo stadio mentale di oggi. Possiamo supporre che la mente s'illuminerà, che diventerà sempre più intuitiva, e che forse, alla fine, si aprirà al Surmentale. Un'umanità surmentale, ci diremmo dovrebbe essere in grado di padroneggiare le varie complessità della vità. Il Surmentale è una coscienza da dei, è la coscienza dei più grandi profeti che l'umanità abbia avuto - è una massa di luce stabile: sembrerebbe perciò che in questa luce sublime tutto dovrebbe finalmente trovare la propria armonia. 
Purtroppo ci sono due fatti che vengono a contraddire questa speranza: uno è la disparità di livello tra gli individui, l'altro è insito nella natura stessa del Surmentale: Il Surmentale può sembrare certo straordinariamente potente, se paragonato alla nostra mente comune; ma si tratta di una superiorità a un livello DELLA STESSA QUALITA': fa parte cioè sempre del principio mentale, anche se di una Mente al suo apogeo. Il Surmentale può dilatare i confini umani, non cancellarli; può divinizzare l'uomo, ma anche COLOSSALIZZARLO: perchè se l'uomo lascia che sia l'ego, e non l'anima, ad usare di questa potenza, l'ego farà di lui un superuomo nietzschiano, non un dio. Non è una coscienza ingigantita che ci occorre, ma UN'ALTRA coscienza.
Ma supponiamo pure che l'uomo accetti di obbedire all'anima e non all'ego: di sicuro il Surmentale non ce la farà a cambiare la vita, per le stesse ragione per cui non ce l'hanno fatta nè Cristo nè tutti gli altri grandi profeti. Il Surmentale infatti non è un principio di coscienza nuovo: è lo stesso principio che ha governato la nostra evoluzione dalla comparsa dell'uomo in poi. E' da lì che sono venute tutte le idee più nobili, le più alte forze creatrici. E' da millenni che viviamo sotto il segno degli dei, sia attraverso la voce dei profeti e delle religioni, sia attraverso quella dei poeti e dei grandi artisti. Ed è evidente che nessuno di loro ha cambiato il mondo, anche se può averlo migliorato. Possiamo forse dire che la nostra vita sia più vivibile di quella degli ateniesi?
Il fallimento del Surmentale dipende da varie ragioni. Prima di tutto da un principio di divisione. Avevamo detto, sì, che il Surmentale è una massa di luce stabile, che vede l'armonia cosmica e l'unità cosmica poichè dovunque vede la luce come in se stesso. Dobbiamo pure aggiungere che non si tratta di un principio di divisione nell'unità. Il Surmentale vede bene che tutto è uno, ma proprio per la struttura della sua coscienza non può impedirsi, nella pratica, di dividere l'unità. Vede tutto, ma vede tutto dal proprio punto di vista. Basta considerare le contraddizioni, sia pure apparenti, nelle parole dei profeti per accorgersi che ognuno ha visto sì l'unità, ma ognuno DAL SUO PUNTO DI VISTA. La loro coscienza è come un faro che spazza il mondo e che può comprendere tutto nel suo fascio di luce, senza lasciare neanche una zona d'ombra; ma è pur sempre un cono di  luce che finisce in un punto.
Ciò dà origine ad una serie di esperienze o visioni divine in apparenza inconciliabili: le une vedono dappertutto il Divino cosmico, le altre il Trascendente extra-cosmico, altre ancora il Dio interiore ovunque. Oppure proclamano la verità di un Dio personale e quella di un Dio impersonale, la verità del Nirvana e la verità dell'Amore, la verità della Forza, della Bellezza, dell'Intelligenza - le verità insomma di tutte le innumerevoli sette e chiese, degli innumerevoli saggi o visionari che ci hanno trasmesso il Verbo. E sono tutte verità divine, sono tutte esperienze assolutamente vere, assolutamente autentiche; ma ognuna è solo un raggio della luce totale. Ovviamente tutti i profeti ispirati sono abbastanza saggi da vedere la verità anche nelle espressioni divine altrui - hanno certo più saggezza delle loro chiese e dei loro fedeli -; ma restano pur sempre legati all'inadeguatezza fondamentale di una coscienza che non può fare a meno di dividere, proprio come il prisma non può fare a meno di scomporre la luce. La coscienza che si esprime nell'ambito mentale (dalla Mente comune al Surmentale) può infatti sperimentare soltanto UNA verità, una alla volta e basta. E' questo che esprimono tutte le mitologie, passate o presenti: ogni dio è l'incarnazione di un potere cosmico e di uno solo : amore, saggezza, distruzione, conservazione... Buddha esprime il Nulla trascendente e vede solo il suo nulla, Cristo esprime la Carità amorosa e vede solo la carità, e così via. Eppure ognuna di queste verità, per quanto alta, è solo UN ASPETTO della Verità. E così la verità surmentale, già parziale di per sè, più scende da un piano all'altro per tradursi nella vita, più parziale diventa: partita dalla divisione, sfocerà in una divisione superlativa: è inevitabile. Da Buddha ai suoi 'veicoli', da Cristo alle innumerevoli sette cristiane, il meccanismo è evidente. E questo non accade solo nell'ambito religioso o spirituale, ma in tutti i campi, perchè la funzione del Surmentale è propro quella di sfruttare al massimo UNA possibilità, una sola: Dà a ciascuna possibilità piena soddisfazione e un pieno sviluppo separato... Può conferire all'intelletto la più austera intellettualità, alla logica la più spietata e tagliente logicità. Può dare alla bellezza la passione più splendida in luminose forme, spalancando alla coscienza che la riceve le supreme altezze e gli abissi dell'estasi. [...]


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sabato 5 novembre 2011

L'AVVENTURA DELLA COSCIENZA


Se la verità nascosta della nostra nascita nella Materia è un rivelarsi dello Spirito sulla terra, se ciò che è avvenuto nella Natura è fondamentalmente un'evoluzione della coscienza, allora l'uomo così com'è non può costituire il termine ultimo di tale evoluzione, essendo egli espressione troppo imperfetta dello Spirito, ed essendo la Mente una forma e uno strumento troppo limitati. La Mente è soltanto un termine intermedio della coscienza, l'essere mentale può essere soltanto un essere di transizione. Perciò, se non sarà capace di oltrepassare lo stato mentale, l'uomo verrà superato dal manifestarsi di un Sopramentale e di una sovraumanità che prenderanno la guida della creazione. Se la mente umana sarà invece in grado di aprirsi a ciò che la supera, allora non ci sarà motivo che non sia l'uomo stesso ad arrivare allo stato sopramentale o che non possa almeno prestare la propria mente, la propria vita e il proprio corpo all'evolversi di questo termine superiore dello Spirito e al suo manifestarsi nella Natura.


SOTTO IL SEGNO DEGLI DEI


[...] Tutti hanno sempre sperato che scienza e coscienza riunite ci avrebbero portati ad un'umanità migliore e ad una vita più armoniosa. Ma la vita non si cambia coi miracoli, si cambia con gli strumenti. E noi abbiamo un solo strumento: la mente. Sono le nostre idee ad organizzare le scoperte della scienza. Perciò, a voler guardare con occhio sgombro il futuro, senza lasciarci ingannare dalle circostanze nè dagli apparenti trionfi del momento - altri trionfi hanno preceduto quelli d'oggi: a Tebe, ad Atene, a Babilonia -, vale la pena di osservare un po' da vicino il nostro strumento, la Mente. Perchè da quel che essa è dipende il nostro futuro. In effetti tutto sembra predisposto perchè le idee più belle, i piani creativi più alti, i più puri atti d'amore vengano automaticamente sfigurati, contraffatti, insudiciati, appena calano nella vita. Non c'è niente che arrivi giù puro. Mentalmente abbiamo già inventato le ricette più mirabili; ma la vita non ne ha mai voluto sapere. Quarant'anni dopo Lenin, per limitarci alla presente civiltà, che cosa resta degli ideali comunisti? Che rimane di Cristo sotto il cumulo dei dogmi e degli anatemi? Socrate è stato costretto ad avvelenarsi e Rimbaud a fuggire in Abissinia. Sappiamo bene che fine hanno fatto i falansteri della nonviolenza. I Catari sono finiti sul rogo. E la storia gira su se stessa come un Moloch. Magari siamo noi il trionfo finale dopo tanti fallimenti; ma di quali altri trionfi non siamo il fallimento? E' una cronologia di vittorie o di sconfitte, la nostra? La sostanza della vita sembra irrimediabilmente deformante: tutto viene sepolto come dalle sabbie d'Egitto, tutto si livella al gradino più basso, come per una irresistibile 'gravitazione verso il fondo'. E' chiaro che la Mente non è in grado di far mutare in modo radicale la natura umana. Potremo cambiare le istituzioni umane all'infinito, ma l'imperfezione finirà sempre per mandare in pezzi le nostre istituzioni... Ci vuole un altro potere, che non solo sappia resistere a questa gravitazione verso il fondo, ma vincerla.
Ma anche se le nostre idee potessero calare intatte nella vita, potrebbero al massimo trasformarla in una caserma - magari in una caserma santa, confortevole, pia, ma pur sempre caserma: perchè la Mente sa fabbricare solo dei sistemi e in quei sistemi vuole rinchiudere tutto. Alle prese con la vita, la Mente diventa empirica e dottrinaria; afferra un brandello di verità, un goccio d'illuminazione divina, e ne fa una legge uguale per tutti - confonde l'Unità con l'uniformità. E anche quando capisce che la diversità è forse necessaria, nella pratica è incapace di gestirla, perchè la Mente è in grado di gestire soltanto ciò che è invariabile e finito, mentre il mondo scoppia di un'infinita varietà. Anche le idee sono parziali e insufficienti, il loro trionfo è certamente assai limitato; ma se per caso s'imponessero, il loro completo successo sarebbe tuttavia deludente, perchè non rappresentano la totale verità della vita e di certo non riuscirebbero a gestire la vita nè a renderla migliore. La vita sfugge alle formule e ai sistemi che la nostra ragione le impone; si rivela troppo complessa, troppo colma d'infinite potenzialità per lasciarsi tiranneggiare dall'arbitrario intelletto umano... Le radici della difficoltà stanno nel fatto che la vera base di tutta la nostra vita e della nostra esistenza, all'interno come all'esterno, è qualcosa che l'intelletto non potrà mai controllare: l'Assoluto, l'Infinito. Dietro a qualunque cosa nella vita c'è un Assoluto verso cui a modo suo essa è protesa; mentre tutto ciò che è finito si sforza di esprimere un Infinito percepito come propria reale verità. Per di più non soltanto ogni classe, ogni tipo, ogni tendenza della Natura è costretta a cercare a suo modo la propria verità; ma ogni individuo vi apporta le proprie varianti. Perciò non esiste soltanto un Assoluto in sè, un Infinito in sè che guarda la propria espressione in tante forme e tendenze; ma esiste anche un principio di potenzialità con varianti infinite assolutamente sconcertanti per l'intelligenza razionale: perchè l'intelletto è in grado di amministrare soltanto ciò che è invariabile e finito. Nell'uomo questa difficoltà tocca il suo acme. Infatti l'uomo non soltanto ha possibilità illimitate, non soltanto ognuno dei suoi poteri e tendenze ricerca a suo modo il proprio assoluto ed è perciò insofferente di ogni rigido controllo da parte della ragione; ma le gradazioni, metodi, combinazioni di tali poteri variano da individuo ad individuo. Quindi ogni uomo appartiene non solo alla comune umanità, ma anche all'Infinito che è dentro di lui; ogni uomo è perciò unico. Questa essendo la realtà della nostra esistenza, la ragione intellettuale e la volontà intellettiva non sono in grado di gestire sovranamente la vita, anche se al momento attuale esse possono ancora essere il nostro più affinato strumento e hanno comunque avuto suprema importanza e utilità nella nostra evoluzione [...]
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A cura di Fabbri Marco
Tratto dall'Avventura della Coscienza - Ed. Mediterranee