LA MORTE DELLA PERSONALITA'
(Parte seconda)
[...] L'uomo deve rendersi conto che egli non esiste; che non può perdere nulla, perchè non ha niente da perdere; deve realizzare la sua nullità nel senso più forte di questo termine.
"Questa conoscenza della propria nullità, ed essa sola, può vincere la paura di sottomettersi alla volontà di un altro. Benchè possa apparire strano, questa paura infatti è uno dei più grandi ostacoli che l'uomo incontra sulla via. L'uomo ha paura che gli si facciano fare delle cose contrarie ai suoi principi, alle sue concezioni, alle sue idee. Per di più, questa paura produce immediatamente in lui l'illusione di avere realmente dei principi, dei concetti e delle convinzioni, che, in realtà non ha mai avuto e sarebbe incapace di avere. Un uomo che nella sua vita non si è mai occupato di morale, si spaventa subito all'idea che gli si faccia fare qualche cosa di immorale. Un uomo che non ha mai avuto la preoccupazione della propria salute e che ha fatto di tutto per rovinarla, incomincia a temere che gli si faccia fare qualcosa che possa essergli nefasto. Un uomo che ha mentito a tutti, ovunque, durante tutta la sua vita, nel modo più sfrontato, paventa che gli si domandi di mentire. Ho conosciuto un ubriacone che temeva, più di ogni altra cosa al mondo, che lo si facesse bere.
Molto sovente, la paura di sottomettersi alla volontà di un altro si rivela più forte di ogni altra cosa. L'uomo non comprende che una subordinazione alla volontà di un altro, alla quale darà coscientemente la sua adesione, è la sola strada che possa condurlo all'acquisizione di una volontà propria."
[...] La questione della volontà, della nostra volontà e della volontà di un altro uomo, disse, è molto più complessa di quanto non appaia a prima vista. Un uomo non ha abbastanza volontà per fare, cioè per dominare sè stesso e controllare le sue azioni, ma ha abbstanza volontà per obbedire ad un'altra persona [...]
[...] Il destino esiste, ma non per tutti. La maggior parte delle persone sono separate dal loro destino ed esse vivono soltanto sotto la legge dell'accidente. Il destino è il risultato di influenze planetarie che corrispondono ad un dato tipo di uomo. Parleremo dei tipi più tardi. Per ora, dovete comprendere questo: un uomo può avere il destino che corrisponde al suo tipo, tuttavia non l'ha praticamente mai. Ciò dipende dal fatto che il destino concerne una sola parte dell'uomo, la sua essenza.
Ricorderemo che l'uomo è costituito da due parti; essenza e personalità. L'essenza è ciò che è suo. La personalità è 'ciò che non è suo'. 'Ciò che non è suo' significa: ciò che gli è venuto dall'esterno, quello che ha appreso, quello che riflette; tutte le tracce di impressioni esteriori rimaste nella memoria e nelle sensazioni, tutte le parole e tutti i movimenti che gli sono stati insegnati, tutti i sentimenti creati dall'imitazione, tutto questo è 'ciò che non è suo', tutto questo è la personalità. [...]
L'essenza è la verità nell'uomo; la personalità è la menzogna. Ma, man mano che la personalità cresce, l'essenza si manifesta sempre più raramente, sempre più debolmente; sovente l'essenza si arresta nella sua crescita ad un'età molto tenera e non può più crescere. Accade spesso che lo sviluppo dell'essenza di un uomo adulto, anche di un uomo molto intelligente o nel senso corrente della parola, molto colto, si sia fermata come sviluppo al livello di un bambino di cinque o sei anni. Questo significa che tutto ciò che vediamo in quest'uomo, in realtà non è suo. Ciò che è suo, ciò che gli è proprio, ossia la sua essenza, si manifesta normalmente soltanto nei suoi istinti e nelle sue emozioni più semplici. In certi casi, tuttavia, l'essenza può crescere parallelamente alla personalità. Tali casi rappresentano eccezioni rarissime, specialmente nelle condizioni di vita degli uomini colti. L'essenza ha maggiori possibilità di svilupparsi in uomini che vivono a stretto contatto con la natura, in difficili condizioni, in costante lotta e pericolo. Ma come regola generale, la personalità di tali uomini è assai poco sviluppata. Essi hanno molto di ciò che è 'veramente loro', ma sono quasi del tutto sprovvisti di ciò che 'non è loro', in altri termini, mancano di educazione e di istruzione, mancano di cultura. La cultura crea la personalità; e nello stesso tempo, essa ne è anche il prodotto, il risultato. Non ci rendiamo conto che tutta la nostra vita, tutto ciò che chiamiamo civiltà, la scienza, la filosofia, l'arte, la politica, sono creazioni della personalità, cioè di tutto ciò che, 'non è suo'. L'elemento che, nell'uomo, 'non è suo', differisce molto da ciò che gli è 'proprio' per il fatto che può essere perduto, alterato o tolto, con dei mezzi artificiali. [...]
CONTINUA...
Tratto da: Frammenti di un insegnamento sconosciuto-P.D. Ouspensky (Astrolabio editore)
A cura di Fabbri Marco
[...] Il destino esiste, ma non per tutti. La maggior parte delle persone sono separate dal loro destino ed esse vivono soltanto sotto la legge dell'accidente. Il destino è il risultato di influenze planetarie che corrispondono ad un dato tipo di uomo. Parleremo dei tipi più tardi. Per ora, dovete comprendere questo: un uomo può avere il destino che corrisponde al suo tipo, tuttavia non l'ha praticamente mai. Ciò dipende dal fatto che il destino concerne una sola parte dell'uomo, la sua essenza.
Ricorderemo che l'uomo è costituito da due parti; essenza e personalità. L'essenza è ciò che è suo. La personalità è 'ciò che non è suo'. 'Ciò che non è suo' significa: ciò che gli è venuto dall'esterno, quello che ha appreso, quello che riflette; tutte le tracce di impressioni esteriori rimaste nella memoria e nelle sensazioni, tutte le parole e tutti i movimenti che gli sono stati insegnati, tutti i sentimenti creati dall'imitazione, tutto questo è 'ciò che non è suo', tutto questo è la personalità. [...]
L'essenza è la verità nell'uomo; la personalità è la menzogna. Ma, man mano che la personalità cresce, l'essenza si manifesta sempre più raramente, sempre più debolmente; sovente l'essenza si arresta nella sua crescita ad un'età molto tenera e non può più crescere. Accade spesso che lo sviluppo dell'essenza di un uomo adulto, anche di un uomo molto intelligente o nel senso corrente della parola, molto colto, si sia fermata come sviluppo al livello di un bambino di cinque o sei anni. Questo significa che tutto ciò che vediamo in quest'uomo, in realtà non è suo. Ciò che è suo, ciò che gli è proprio, ossia la sua essenza, si manifesta normalmente soltanto nei suoi istinti e nelle sue emozioni più semplici. In certi casi, tuttavia, l'essenza può crescere parallelamente alla personalità. Tali casi rappresentano eccezioni rarissime, specialmente nelle condizioni di vita degli uomini colti. L'essenza ha maggiori possibilità di svilupparsi in uomini che vivono a stretto contatto con la natura, in difficili condizioni, in costante lotta e pericolo. Ma come regola generale, la personalità di tali uomini è assai poco sviluppata. Essi hanno molto di ciò che è 'veramente loro', ma sono quasi del tutto sprovvisti di ciò che 'non è loro', in altri termini, mancano di educazione e di istruzione, mancano di cultura. La cultura crea la personalità; e nello stesso tempo, essa ne è anche il prodotto, il risultato. Non ci rendiamo conto che tutta la nostra vita, tutto ciò che chiamiamo civiltà, la scienza, la filosofia, l'arte, la politica, sono creazioni della personalità, cioè di tutto ciò che, 'non è suo'. L'elemento che, nell'uomo, 'non è suo', differisce molto da ciò che gli è 'proprio' per il fatto che può essere perduto, alterato o tolto, con dei mezzi artificiali. [...]
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Tratto da: Frammenti di un insegnamento sconosciuto-P.D. Ouspensky (Astrolabio editore)
A cura di Fabbri Marco
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