giovedì 15 dicembre 2011

L'AVVENTURA DELLA COSCIENZA




SOTTO IL SEGNO DEGLI DEI
Parte IV
Beethoven e Rimbaud, o magari San Giovanni, non possono certo essere il culmine dell'evoluzione, altrimenti la vita sarebbe totalmente priva di senso: chi non si rende conto infatti che le opere di quei grandi ci appaiono ammirevoli proprio perchè la vita è invece miserabile? Tutte queste opere ci dicono che la vita di lassù, con i suoi milioni di uccelli d'oro e le sue musiche divine, è tanto più bella di questa. Tutto succede lassù: ma qui? Qui la vita continua come prima. si dirà che quei pensieri sublimi, quelle poesie, quei quartetti, quegli istanti divini che abbiamo intravisto, hanno un peso maggiore di tutte le ore delle nosre vite messe insieme: ed è vero, appunto! Ma è la conferma che la nostra vita è orribilmente povera, oppure che il fine della vita non risiede nella vita. Noi però abbiamo bisogno anche di una verità nel corpo e nella terra, non solo di una verità al di sopra della nostra testa. Non cerchiamo ricreazioni, vogliamo una ri\creazione. Tutto si è svolto finora come se il progresso evolutivo individuale consistesse nella scoperta di piani di coscienza sempre più alti, di qualche isola d'illuminazione privata nel bel mezzo della trivialità economicistica; poi, una volta lassù, ci si rifugia nella musica e chi nella poesia, chi nella matematica e chi nella religione... E chi proprio non se la fa, via in vacanza su uno yacht o nella cella di un monastero: ognuno con la sua feritoia e il suo hobby. Come se la vita e il corpo servissero solo ad evadere dalla vita e dal corpo. Basta guardare le nostre vite: quando mai ci stiamo dentro? Stiamo sempre o nel prima o nel dopo, nel ricordo o nella speranza; mai nel durante - il presente è così miserabile e grigio che neanche sappiamo se esista davvero, se non per l'appunto in quegli istanti che non sono più vita. Non c'è niente da rimproverare alle chiese: tanto, viviamo già tutti e di continuo nell'aldilà; le chiese che ci propongono soltanto un aldilà meglio organizzato. Lo diceva anche Rimbaud: 'LA VITA VERA E' ALTROVE'.
La vita, non un qualche lontano aldilà silenzioso ed estatico, la vita soltanto è il campo del nostro lavoro.  Arrendendosi all'evidenza che le cime della coscienza non servono a fare della vita una vita vera. Giunti al Surmentale, troviamo la gioia e un'immensità che canta, ma non una vita meno insopportabile. Quando siamo lassù in cima alla coscienza - vediamo come stanno le cose, sappiamo; ma una volta ridiscesi nella Materia, è come acqua nella sabbia. Abbiamo spedito il nostro veicolo spaziale al sommo del nostro cielo spirituale, abbiamo cantato il meglio che c'è nell'uomo senza preoccuparci dei livelli inferiori, soddisfatti se il bruto dentro di noi dorme abbastanza sodo da non turbare i nostri sogni divini - ecco perchè la vita continua ad essere così brutale, come noi del resto. Sperare in un cambiamento nella vita dell'uomo senza un cambiamento nella natura umana è impresa irrazionale e non spirituale. E' un'illusione irreale e antinaturale, un miracolo impossibile. 
Ecco il motivo per cui le nostre isole di luce vengono sempre invase dalla barbarie interiore o da cancri sornioni: come accadde ad altre isole che si chiamavano Atene o Tebe. E' questo il motivo per cui muoiono: come se il Signore dell'evoluzione ci ficcasse ogni volta il naso nella terra per ricordarci che se abbiamo trovato la luce soltanto lassù non abbiamo trovato tutta la luce. La vita non muore per consunzione: muore perchè la sprechiamo, perchè non la troviamo. Da secoli e secoli siamo saliti lassù, abbiamo conquistato isole e isole, e trovato solo metà del Segreto: e così ogni volta è stata la rovina. Ma non perchè la storia non serve a niente, nè per punirci delle nostre 'colpe', nè per espiare un improbabile Peccato Originale: magari è per farci trovare quaggiù, nella Materia, l'altra metà del Segreto. Incalzati dalla Morte e dall'Incoscienza, in fondo al Male, la chiave della vita divina. Trasformare la barbarie e la notte di quaggiù, non bandirle dalla nostra isola. Dopo l'ascesa della coscienza, la discesa. Dopo l'illuminazione lassù, la gioia quassù: la trasformazione della Materia. 
Possiamo dire che solo quando il cerchio si chiuderà e i due estremi si congiungeranno, quando il più alto si manifesterà nel più materiale - la Realtà suprema al centro dell'atomo - l'esperienza sarà davvero conclusa. Si direbbe che non si possa capire davvero se non si capisce con il corpo. [...]

Tratto da: L'avventura della Coscienza - ed. Mediterranee







domenica 27 novembre 2011

L'AVVENTURA DELLA COSCIENZA



SOTTO IL SEGNO DEGLI DEI
Parte III

[...] E' così che milioni di idee-forza si dividono il mondo: comunismo e individualismo, non violenza e forza guerriera, epicureismo ed ascetismo... Ognuna è una sfaccettatura della Verità divina, ognuna un raggio di Dio. In nessuna c'è errore assoluto: ci sono soltanto divisioni della Verità. Certo, potremmo vedere la verità di tutte e farne una sintesi; ma qualunque sintesi non raggiungerà mai l'unità, perchè sarà pur sempre una sintesi mentale: un minestrone, non un'unità. Ognuna sarà il prisma che serve appunto a dimostrare come tutti i colori abbiano origine da un'unica luce; ma intanto, in PRATICA, i colori nel mondo restano divisi: tutte le forze emanate sul piano surmentale avranno le caratteristiche di questa divisione originaria.
E' opportuno sottolineare che non si tratta qui di risolvere un problema teorico o una questione filosofica: siamo di fronte ad un FATTO COSMICO. Si tratta  di un fenomeno organico, come le spine sul dorso dell'istrice. Affinchè la divisione cessi bisogna far sparire il prisma. Il perchè della divisione è proprio questo: il mondo resterà sempre ineluttabilmente diviso finchè il principio mentale (dalla sua espressione più bassa alla più alta, dalla Mente comune al Surmentale) continuerà a dominare il mondo.
Si può comunque concepire che in un futuro più o meno prossimo s'incarni sulla terra una coscienza surmentale perfetta, o anche diverse coscienze surmentali. Tutta la parte umana meno evoluta si potrebbe raccogliere attorno a questi centri luminosi e vivere armoniosamente; in questo mondo la vita potrebbe cambiare e ci sarebbe una specie di unità. Ma si tratterebbe di un'unità nell'ambito di un solo raggio luminoso: alcuni resterebbero ad esempio nel raggio della Bellezza pura, altri in quello, poniamo, di un Comunismo integrale fondato sull'amore fraterno (ma, visto l'andamento dell'evoluzione, è purtroppo abbastanza probabile che siano raggi di una luce ben dura, centrati attorno a un'ideologia economica o titanica). Ma pur ammettendo che nel mondo si accendano focolai divini, la loro unità non soltanto andrebbe a scapito della variegatissima diversità della vita, ma si troverebbe minacciata dall'oscurità circostante. Tendiamo infatti sempre a dimenticare la disparità di livello evolutivo che esiste tra gli uomini, sempiterna falla nelle mura delle nostre utopie: questi centri di grazia sarebbero ISOLE DI LUCE nel corpo di un'umanità meno evoluta, che tenderebbe di continuo a impadronirsene, oscurando o livellando quella luce privilegiata. Sappiamo tutti qual'è stato il destino della Grecia e di Roma accerchiate dal  mondo barbaro. Si direbbe che, per una legge evolutiva molto saggia, l'evoluzione del mondo sia legata alla totalità del mondo e che niente si possa salvare a meno che tutto non si salvi. Le scomuniche e gli inferni sono invenzioni di un'ignoranza puerile, così come i paesi della cuccagna, sia di quaggiù che di lassù: non può esistere un paradiso finchè un solo essere umano sta all'inferno! Esiste soltanto UN Uomo. E poi, volendo anche supporre che una di queste isole di luce possa resistere alle incursioni esterne grazie al Potere che ne è all'origine, niente ci assicura che la protezione duri più a lungo del Potere che l'ha originata. La storia di tutti i movimenti religiosi, iniziatici, occulti e cavallereschi nel mondo, ci mostra con sufficiente evidenza che dopo la morte del Maestro e dei suoi diretti iniziati tutto si deforma, si volgarizza, si livella, si disperde o muore. la legge della 'gravitazione verso il fondo' sembra finora insormontabile. Bisogna quindi che sia trasformata tutta la vita - e non solo un fascio di luce privilegiata o un'isola felice -, se vogliamo che l'evoluzione trionfi. Per questo occorre però un altro Potere, che sia in grado di resistere alla gravitazione: un altro principio di coscienza indiviso e globale, in grado di contenere l'incalcolabile diversità della vita senza tuttavia mutilarla. Se invece che da un punto di vista collettivo guardiamo l'evoluzione dal punto di vista dell'individuo, ci rendiamo conto che anche in questo caso il Surmentale non garantisce quella pienezza di vita a cui l'uomo aspira. Se il fine dell'evoluzione è quello di sfornare più Beethoven e Rimbaud - magari assieme a qualche super-Platone - , non possiamo impedirci di giudicarlo un ben povero risultato, dopo tanti milioni di anni di sforzi e dopo tanti miliardi d'indivisui sprecati strada facendo. [...]


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A cura di Fabbri Marco









venerdì 18 novembre 2011

L'AVVENTURA DELLA COSCIENZA



SOTTO IL SEGNO DEGLI DEI
Parte II 

[...] Ma se l'evoluzione è evoluzione della Coscienza, possiamo immaginare che l'umanità non rimarrà per sempre allo stadio mentale di oggi. Possiamo supporre che la mente s'illuminerà, che diventerà sempre più intuitiva, e che forse, alla fine, si aprirà al Surmentale. Un'umanità surmentale, ci diremmo dovrebbe essere in grado di padroneggiare le varie complessità della vità. Il Surmentale è una coscienza da dei, è la coscienza dei più grandi profeti che l'umanità abbia avuto - è una massa di luce stabile: sembrerebbe perciò che in questa luce sublime tutto dovrebbe finalmente trovare la propria armonia. 
Purtroppo ci sono due fatti che vengono a contraddire questa speranza: uno è la disparità di livello tra gli individui, l'altro è insito nella natura stessa del Surmentale: Il Surmentale può sembrare certo straordinariamente potente, se paragonato alla nostra mente comune; ma si tratta di una superiorità a un livello DELLA STESSA QUALITA': fa parte cioè sempre del principio mentale, anche se di una Mente al suo apogeo. Il Surmentale può dilatare i confini umani, non cancellarli; può divinizzare l'uomo, ma anche COLOSSALIZZARLO: perchè se l'uomo lascia che sia l'ego, e non l'anima, ad usare di questa potenza, l'ego farà di lui un superuomo nietzschiano, non un dio. Non è una coscienza ingigantita che ci occorre, ma UN'ALTRA coscienza.
Ma supponiamo pure che l'uomo accetti di obbedire all'anima e non all'ego: di sicuro il Surmentale non ce la farà a cambiare la vita, per le stesse ragione per cui non ce l'hanno fatta nè Cristo nè tutti gli altri grandi profeti. Il Surmentale infatti non è un principio di coscienza nuovo: è lo stesso principio che ha governato la nostra evoluzione dalla comparsa dell'uomo in poi. E' da lì che sono venute tutte le idee più nobili, le più alte forze creatrici. E' da millenni che viviamo sotto il segno degli dei, sia attraverso la voce dei profeti e delle religioni, sia attraverso quella dei poeti e dei grandi artisti. Ed è evidente che nessuno di loro ha cambiato il mondo, anche se può averlo migliorato. Possiamo forse dire che la nostra vita sia più vivibile di quella degli ateniesi?
Il fallimento del Surmentale dipende da varie ragioni. Prima di tutto da un principio di divisione. Avevamo detto, sì, che il Surmentale è una massa di luce stabile, che vede l'armonia cosmica e l'unità cosmica poichè dovunque vede la luce come in se stesso. Dobbiamo pure aggiungere che non si tratta di un principio di divisione nell'unità. Il Surmentale vede bene che tutto è uno, ma proprio per la struttura della sua coscienza non può impedirsi, nella pratica, di dividere l'unità. Vede tutto, ma vede tutto dal proprio punto di vista. Basta considerare le contraddizioni, sia pure apparenti, nelle parole dei profeti per accorgersi che ognuno ha visto sì l'unità, ma ognuno DAL SUO PUNTO DI VISTA. La loro coscienza è come un faro che spazza il mondo e che può comprendere tutto nel suo fascio di luce, senza lasciare neanche una zona d'ombra; ma è pur sempre un cono di  luce che finisce in un punto.
Ciò dà origine ad una serie di esperienze o visioni divine in apparenza inconciliabili: le une vedono dappertutto il Divino cosmico, le altre il Trascendente extra-cosmico, altre ancora il Dio interiore ovunque. Oppure proclamano la verità di un Dio personale e quella di un Dio impersonale, la verità del Nirvana e la verità dell'Amore, la verità della Forza, della Bellezza, dell'Intelligenza - le verità insomma di tutte le innumerevoli sette e chiese, degli innumerevoli saggi o visionari che ci hanno trasmesso il Verbo. E sono tutte verità divine, sono tutte esperienze assolutamente vere, assolutamente autentiche; ma ognuna è solo un raggio della luce totale. Ovviamente tutti i profeti ispirati sono abbastanza saggi da vedere la verità anche nelle espressioni divine altrui - hanno certo più saggezza delle loro chiese e dei loro fedeli -; ma restano pur sempre legati all'inadeguatezza fondamentale di una coscienza che non può fare a meno di dividere, proprio come il prisma non può fare a meno di scomporre la luce. La coscienza che si esprime nell'ambito mentale (dalla Mente comune al Surmentale) può infatti sperimentare soltanto UNA verità, una alla volta e basta. E' questo che esprimono tutte le mitologie, passate o presenti: ogni dio è l'incarnazione di un potere cosmico e di uno solo : amore, saggezza, distruzione, conservazione... Buddha esprime il Nulla trascendente e vede solo il suo nulla, Cristo esprime la Carità amorosa e vede solo la carità, e così via. Eppure ognuna di queste verità, per quanto alta, è solo UN ASPETTO della Verità. E così la verità surmentale, già parziale di per sè, più scende da un piano all'altro per tradursi nella vita, più parziale diventa: partita dalla divisione, sfocerà in una divisione superlativa: è inevitabile. Da Buddha ai suoi 'veicoli', da Cristo alle innumerevoli sette cristiane, il meccanismo è evidente. E questo non accade solo nell'ambito religioso o spirituale, ma in tutti i campi, perchè la funzione del Surmentale è propro quella di sfruttare al massimo UNA possibilità, una sola: Dà a ciascuna possibilità piena soddisfazione e un pieno sviluppo separato... Può conferire all'intelletto la più austera intellettualità, alla logica la più spietata e tagliente logicità. Può dare alla bellezza la passione più splendida in luminose forme, spalancando alla coscienza che la riceve le supreme altezze e gli abissi dell'estasi. [...]


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sabato 5 novembre 2011

L'AVVENTURA DELLA COSCIENZA


Se la verità nascosta della nostra nascita nella Materia è un rivelarsi dello Spirito sulla terra, se ciò che è avvenuto nella Natura è fondamentalmente un'evoluzione della coscienza, allora l'uomo così com'è non può costituire il termine ultimo di tale evoluzione, essendo egli espressione troppo imperfetta dello Spirito, ed essendo la Mente una forma e uno strumento troppo limitati. La Mente è soltanto un termine intermedio della coscienza, l'essere mentale può essere soltanto un essere di transizione. Perciò, se non sarà capace di oltrepassare lo stato mentale, l'uomo verrà superato dal manifestarsi di un Sopramentale e di una sovraumanità che prenderanno la guida della creazione. Se la mente umana sarà invece in grado di aprirsi a ciò che la supera, allora non ci sarà motivo che non sia l'uomo stesso ad arrivare allo stato sopramentale o che non possa almeno prestare la propria mente, la propria vita e il proprio corpo all'evolversi di questo termine superiore dello Spirito e al suo manifestarsi nella Natura.


SOTTO IL SEGNO DEGLI DEI


[...] Tutti hanno sempre sperato che scienza e coscienza riunite ci avrebbero portati ad un'umanità migliore e ad una vita più armoniosa. Ma la vita non si cambia coi miracoli, si cambia con gli strumenti. E noi abbiamo un solo strumento: la mente. Sono le nostre idee ad organizzare le scoperte della scienza. Perciò, a voler guardare con occhio sgombro il futuro, senza lasciarci ingannare dalle circostanze nè dagli apparenti trionfi del momento - altri trionfi hanno preceduto quelli d'oggi: a Tebe, ad Atene, a Babilonia -, vale la pena di osservare un po' da vicino il nostro strumento, la Mente. Perchè da quel che essa è dipende il nostro futuro. In effetti tutto sembra predisposto perchè le idee più belle, i piani creativi più alti, i più puri atti d'amore vengano automaticamente sfigurati, contraffatti, insudiciati, appena calano nella vita. Non c'è niente che arrivi giù puro. Mentalmente abbiamo già inventato le ricette più mirabili; ma la vita non ne ha mai voluto sapere. Quarant'anni dopo Lenin, per limitarci alla presente civiltà, che cosa resta degli ideali comunisti? Che rimane di Cristo sotto il cumulo dei dogmi e degli anatemi? Socrate è stato costretto ad avvelenarsi e Rimbaud a fuggire in Abissinia. Sappiamo bene che fine hanno fatto i falansteri della nonviolenza. I Catari sono finiti sul rogo. E la storia gira su se stessa come un Moloch. Magari siamo noi il trionfo finale dopo tanti fallimenti; ma di quali altri trionfi non siamo il fallimento? E' una cronologia di vittorie o di sconfitte, la nostra? La sostanza della vita sembra irrimediabilmente deformante: tutto viene sepolto come dalle sabbie d'Egitto, tutto si livella al gradino più basso, come per una irresistibile 'gravitazione verso il fondo'. E' chiaro che la Mente non è in grado di far mutare in modo radicale la natura umana. Potremo cambiare le istituzioni umane all'infinito, ma l'imperfezione finirà sempre per mandare in pezzi le nostre istituzioni... Ci vuole un altro potere, che non solo sappia resistere a questa gravitazione verso il fondo, ma vincerla.
Ma anche se le nostre idee potessero calare intatte nella vita, potrebbero al massimo trasformarla in una caserma - magari in una caserma santa, confortevole, pia, ma pur sempre caserma: perchè la Mente sa fabbricare solo dei sistemi e in quei sistemi vuole rinchiudere tutto. Alle prese con la vita, la Mente diventa empirica e dottrinaria; afferra un brandello di verità, un goccio d'illuminazione divina, e ne fa una legge uguale per tutti - confonde l'Unità con l'uniformità. E anche quando capisce che la diversità è forse necessaria, nella pratica è incapace di gestirla, perchè la Mente è in grado di gestire soltanto ciò che è invariabile e finito, mentre il mondo scoppia di un'infinita varietà. Anche le idee sono parziali e insufficienti, il loro trionfo è certamente assai limitato; ma se per caso s'imponessero, il loro completo successo sarebbe tuttavia deludente, perchè non rappresentano la totale verità della vita e di certo non riuscirebbero a gestire la vita nè a renderla migliore. La vita sfugge alle formule e ai sistemi che la nostra ragione le impone; si rivela troppo complessa, troppo colma d'infinite potenzialità per lasciarsi tiranneggiare dall'arbitrario intelletto umano... Le radici della difficoltà stanno nel fatto che la vera base di tutta la nostra vita e della nostra esistenza, all'interno come all'esterno, è qualcosa che l'intelletto non potrà mai controllare: l'Assoluto, l'Infinito. Dietro a qualunque cosa nella vita c'è un Assoluto verso cui a modo suo essa è protesa; mentre tutto ciò che è finito si sforza di esprimere un Infinito percepito come propria reale verità. Per di più non soltanto ogni classe, ogni tipo, ogni tendenza della Natura è costretta a cercare a suo modo la propria verità; ma ogni individuo vi apporta le proprie varianti. Perciò non esiste soltanto un Assoluto in sè, un Infinito in sè che guarda la propria espressione in tante forme e tendenze; ma esiste anche un principio di potenzialità con varianti infinite assolutamente sconcertanti per l'intelligenza razionale: perchè l'intelletto è in grado di amministrare soltanto ciò che è invariabile e finito. Nell'uomo questa difficoltà tocca il suo acme. Infatti l'uomo non soltanto ha possibilità illimitate, non soltanto ognuno dei suoi poteri e tendenze ricerca a suo modo il proprio assoluto ed è perciò insofferente di ogni rigido controllo da parte della ragione; ma le gradazioni, metodi, combinazioni di tali poteri variano da individuo ad individuo. Quindi ogni uomo appartiene non solo alla comune umanità, ma anche all'Infinito che è dentro di lui; ogni uomo è perciò unico. Questa essendo la realtà della nostra esistenza, la ragione intellettuale e la volontà intellettiva non sono in grado di gestire sovranamente la vita, anche se al momento attuale esse possono ancora essere il nostro più affinato strumento e hanno comunque avuto suprema importanza e utilità nella nostra evoluzione [...]
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A cura di Fabbri Marco
Tratto dall'Avventura della Coscienza - Ed. Mediterranee







lunedì 12 settembre 2011

PIANI E PARTI DELL'ESSERE

IL VITALE


Parte VI

La coscienza terrestre non vuole cambiare, per cui rifiuta ciò che viene dall'alto; lo ha sempre fatto. Questa resistenza può scomparire solo se coloro che hanno intrapreso un cammino di Coscienza si aprono e sono disposti a  trasformare la propria natura inferiore.
A intralciare, naturalmente, sono sempre l'ego vitale, con la sua ignoranza e l'orgoglio della sua ignoranza, e la coscienza fisica, con la sua inerzia che resiste a ogni invito a cambiare e la sua indolenza cui non piace fare il minimo sforzo; questa coscienza fisica trova più comodo continuare per la propria strada, ripetendo sempre gli stessi vecchi movimenti e, nel migliore dei casi, aspettandosi che tutto venga fatto per essa in qualche modo, un giorno o l'altro. 
La prima cosa è avere il giusto atteggiamento interiore; occorre anche avere la volontà di trasformarsi e la vigilanza per percepire e rifiutare tutto ciò che appartiene all'ego e all'ostinazione tamasica (inerte) della natura inferiore. Infine, ci si deve mantenere sempre aperti alla Madre in ogni parte dell'essere affinchè il processo di trasformazione non possa trovare ostacoli.

Sri Aurobindo - Letters on Yoga

Il vero Vitale - Ultima parte
 
[...] Dietro questo vitale infantile, irrequieto e che si stanca subito, scopriamo allora un vitale calmo e potente: quello che Sri Aurobindo chiama il IL VERO VITALE. Un vitale contiene la vera essenza della Forza di Vita, senza nessuna superfetazione sentimentale o dolorosa. Entriamo allora in uno stato di concentrazione spontanea, calma come le profondità dell'oceano sotto il gioco delle onde. Un'immobilità di fondo che non è atonia nervosa, così come il silenzio mentale non è torpore cerebrale: è una base per l'azione. Una forza concentrata capace di mettere in moto tutte le azioni e sopportare qualsiasi urto, anche il più violento, senza perdere la pace. Da questa tranquillità vitale possono emergere, a seconda del nostro grado di sviluppo, infinite capacità e soprattutto un'inesauribile energia (ogni volta che ci sentiamo stanchi è il segno certo che siamo ricaduti nell'agitazione di superficie); le capacità di lavoro e di sforzo fisico si decuplicano, cibo e sonno cessano di costituire l'unica, assorbente fonte di rinnovo delle energie (il sonno cambia natura, come vedremo, e il cibo può ridursi a un minimo igienico, senza quegli appesantimenti e quelle malattie che in genere provoca). Possono manifestarsi altri poteri, che passano per 'miracolosi'; ma sono MIRACOLI CON UN METODO. Non è il caso di parlarne qui: meglio farne l'esperienza. Diciamo solo che chi è in grado di dominare le vibrazioni vitali dentro di sè è automaticamente in grado di dominarle dovunque nel mondo. In seguito, in quest'immobilità comparirà permanentemente un altro segno: l'assenza del dolore e una specie di inalterabile gioia. Appena riceve un colpo, fisico o morale, l'uomo comune reagisce immediatamente ripiegandosi su se stesso: si contrae, entra in ebollizione, e così facendo non fa che decuplicare il male. Invece il ricercatore che abbia stabilito una certa immobilità dentro di sè vedrà questa immobilità dissolvere i colpi che lui riceve, proprio perchè è VASTA. Perchè non si tratta più di un piccolo individuo chiuso in se stesso e nel suo mal di pancia, si tratta ormai di coscienza che supera i limiti del corpo: un vitale pacificato, così come una mente davvero in silenzio, si universalizza spontaneamente. Con l'esperienza dello yoga la coscienza si allarga in tutte le direzioni: dentro, sotto, sopra e dappertutto, all'infinito. Una volta che la sua coscienza è diventata libera, lo yoghi non vive più nel corpo, vive sempre in quelle altezze, in quelle vastità, in quelle profondità infinite. La sua base è un infinito vuoto o un infinito silenzio, in cui tutto però può manifestarsi: Pace, Libertà, Potere, Conoscenza, Gioia - Ananda. L'insorgere di una sofferenza di qualunque genere, è il sintomo immediato di una contrazione nell'essere e di una perdita di coscienza. 
Un corollario molto importante a questo allargamento dell'essere ci farà capire la necessità assoluta dell'immobilità vitale non solo per una comunicazione più limpida, un'azione più potente o per conoscere la gioia di vivere, ma anche semplicemente per la nostra sicurezza. Finchè restiamo nella piccola personalità di facciata, anche le vibrazioni sono piccine: piccoli urti e piccole gioie. E' la nostra stessa piccolezza a proteggerci. Ma quando sfociamo nel Vitale universale ritroviamo le medesime vibrazioni o le medesime forze su scala gigantesca, universale appunto. Perchè sono queste forze che fan ballare il mondo, come fanno ballare noi: sicchè, se non avremo appreso una perfetta UGUAGLIANZA o immobilità interiore, ne resteremo travolti. Questo vale non solo per il vitale universale, ma per tutti i piani di coscienza; la coscienza cosmica infatti si può e si deve (lo deve comunque il ricercatore integrale) realizzare tutti i livelli: nel Sovracosciente, nella mente, nel vitale e anche nel corpo. In effetti, quando il ricercatore arriverà al Sovracosciente si renderà conto che anche le intensità dello spirito possono essere folgoranti, poichè in realtà si tratta sempre della stessa Forza divina, della stessa Coscienza-Forza, in alto come in basso, nella Materia come nella Vita, come nella Mente e come più in alto ancora; solo che quanto più quella Coscienza-Forza scende, tanto più i piani che attraversa la oscurano, la deformano e la frammentano. Sicchè se uscendo dalla propria pesante densità uno cerca di slanciarsi in alto a razzo, di forzare le tappe senza aver prima stabilito una base chiara e incrollabile, rischia di scoppiare come una caldaia. La trasparenza vitale insomma non è una faccenda morale, ma tecnica, se così possiamo dire, o meglio ancora organica. In pratica c'è sempre la grande Sollecitudine a impedirci di fare esperienze premature; sicchè noi magari continueremo a restare piccoli e limitati per tutto il tempo in cui sarà necessario che restiamo piccoli e limitati.
Ma quando avremo finalmente acquisito l'immobilità vitale ci accorgeremo che allora sì possiamo cominciare ad aiutare gli altri con una certa efficacia. Aiutare gli altri, infatti, non è un problema di buoni sentimenti o di carità: è un problema di potere; dipende da una capacità di visione, e di gioia. In questa tranquillità ci sarà non solo una gioia che irradierà attorno a noi, ma una visione in grado di dissipare ogni  ombra: spontaneamente, distingueremo tutte le vibrazioni. E distinguere le vibrazioni vuol dire poterle dominare, calmare, dissolvere, trasformare persino.  La tranquillità è uno stato oltremodo positivo; c'è una pace positiva che non è l'opposto della conflittualità - una pace attiva, contagiosa, potente, che domina e che calma, che mette ordine e organizza. [...] 

Tratto da: L'avventura della Coscienza - Satprem (ed. mediterranee)

 






mercoledì 31 agosto 2011

PIANI E PARTI DELL'ESSERE

IL VITALE


IL VERO VITALE

Parte V

[...] Siamo capaci di contenere ben poco della grande Forza di Vita -  non ce la facciamo a reggere il carico. Ne basta appena un soffio di più ed ecco che gridiamo di gioia o di dolore, piangiamo, balliamo, sveniamo. La Forza che scorre è infatti sempre la stessa, fa presto a straripare dai nostri piccoli recipienti. Ma la Forza di Vita scorre immensa e placida, e basta: non soffre, non si turba, non si esalta, non è nè buona nè cattiva - E' e basta. Tutti i segni contrari che riveste dentro di noi sono soltanto le vestigia della passata evoluzione, di quando eravamo piccoli, tanto piccoli e separati, e dovevamo pur proteggerci da quella enormità vivente, troppo intensa per la nostra piccolezza, dovevamo per forza distinguere fra vibrazioni 'utili' e vibrazioni 'nocive', attribuendo alle une un coefficiente positivo di piacere, di simpatia o di bene e alle altre un coefficiente negativo di dolore, di repulsione o di male. Ma la sofferenza è solo un'intensità eccessiva della stessa Forza, per cui un piacere troppo intenso si trasforma nel suo 'contrario' di dolore: Sono solo convenzioni dei nostri sensi. Basta spostare un poco l'ago della coscienza. Per una coscienza cosmica, in stato di completa conoscenza e di completa esperienza, ogni contatto è percepito come gioia, Ananda.
Solo una ristrettezza di coscienza, un'insufficiente coscienza è la causa di tutti i nostri mali, morali e persino fisici; così come della nostra impotenza e della sempieterna tragicommedia del nostro esistere. Il rimedio però non sta nel far deperire il vitale, come vorrebbero i moralisti, ma nell'espanderlo; non nel rinunciare, ma nell'accettare di più, sempre di più: sta nel dilatare la coscienza. Proprio questo è infatti il senso dell'evoluzione. E se c'è semmai da rinunciare a qualcosa, è alla piccolezza e all'ignoranza che dobbiamo rinunciare. Quando ci aggrappiamo spasmodicamente alla nostra piccola personalità di facciata con tutte le sue commedie, i suoi sentimenti appiccicosi e dolori santificati, non ci comportiamo da esseri veramente 'umani' ma da sopravvissuti del pleistocene, difendiano il nostro diritto alla sofferenza e al dolore.
Il ricercatore non sarà più lo zimbello del gioco equivoco che si svolge nel vitale di superficie. Ma l'abitudine vitale di rispondere alle mille piccole vibrazioni biologico-sentimentali che gli girano attorno durerà ancora per un pezzo*
E' una transizione piuttosto lunga, quanto quella del chiasso reiterato della mente al silenzio. Un passaggio che sarà spesso accompagnato da periodi di intensa stanchezza, perchè l'organismo perde l'abitudine di rinnovare le proprie energie alla fonte superficiale di prima (che, appena gustato l'altro tipo di energia, gli appare grossolana e pesante), però non riesce ancora a tenersi in contatto continuo con la sorgente vera; per cui si verificano dei 'vuoti '. Ma anche qui il ricercatore sarà aiutato dalla forza discendente, che contribuirà potentemente a stabilire un nuovo ritmo dentro di lui. Anzi constaterà con sempre rinnovato stupore come ad ogni piccolo passo avanti risponda dall'alto un Aiuto che farà dieci passi verso di lui, come s'egli fosse atteso. Ma sarebbe del tutto errato credere che si tratti di un lavoro in negativo: Ovviamente, al vitale piace dire che si batte contro se stesso con grandi sforzi: è un modo abile per salvaguardarsi a dritta e a manca. Il ricercatore però non obbedisce ad imperativi negativi ed austeri, segue la spinta positiva del suo essere che lo fa crescere realmente, e così le abitudini di ieri o i piaceri di ieri l'altro gli sembrano poco sostanziosi come i pasti di un neonato - non gli vanno più, ha ben di meglio da fare, ben di meglio da vivere. Ecco perchè è tanto difficile far capire questo cammino a chi non l'ha mai provato, perchè chi non l'ha mai provato lo vedrà dal suo punto di vista attuale, anzi con la prospettiva di perdere anche quella posizione lì. Eppure, se sapessimo quale progresso rappresenta perdere ogni punto di vista, quanto cambia la vita passando dallo stadio di verità chiusa a quello di verità aperta! Una verità che è come la vita stessa, troppo vasta per lasciarsi acchiappare dalla trappola dei punti di vista e vede l'utilità di ogni cosa, a tutti gli stadi di un infinito sviluppo; una verità grande abbastanza da rinnegare ogni volta se stessa per passare all'infinito a una verità più alta. [...]

* "In fondo, nell'essere, è il Vitale ad avere difficoltà, è il Vitale la parte più impulsiva e CHE STENTA DI PIU' a cambiare comportamento"... "Bisogna che questo Vitale, che era abituato a tenere lui le redini, a dirigere tutto e a decidere tutto, insomma a essere lui il padrone di casa, cominci intanto a provare un certo distacco, che, in genere... si tramuta in nausea. Un distacco generale. Poi d'improvviso (a volte 'd'improvviso', ma a volte poco per volta) sente che l'impulso, l'aspirazione, deve venire da dentro, che da fuori non deve intervenire più niente ad eccitarlo; e allora, se è di buona volontà, si volge all'interno dell'essere e comincia a chiedere l'Ispirazione, l'Ordine e le Direttive, prima di mettersi al lavoro. Per certe persone ci vogliono anni, per altri invece ci vuole pochissimo - dipende dalla qualità del Vitale di ciascuno. ...
La salvezza è se il Vitale viene preso in un modo qualsiasi all'interno, se sente interiormente che esiste un qualcosa più grande di lui - allora sì che le cose vanno molto più in fretta".
(Dall'agenda di Mère, ed. it., vol 5° pagg. 340-341)

Continua..

Tratto da: L'avventura della Coscienza (ed. Mediterranee)






martedì 16 agosto 2011

PIANI E PARTI DELL'ESSERE

IL VITALE
Parte IV

Eccoci dunque quasi al termine di questa così importante collocazione energetica - denominata per semplificare, semplicemente VITALE; certo non deve essere semplice - per ognuno in maniera diversa, districarsi in simili labirinti concettuali. Del resto, come già affrontato in precedenza, concepire in teoria la 'strumentalità' di questo o quel centro energetico e riportarci, perlomeno idealmente al Verbo che vibra all'unisono, può risultare quantomeno ambiguo. Il vero problema però, ciò che risalta come domanda (spesso inespressa) frequente: sta proprio nella sua valutazione geografica. 
L'uomo ha quindi grosse carenze informative per comprendere al meglio dove doversi concentrare nel corpo! 
E dal momento che parliamo di YOGA INTEGRALE, la richiesta è tutt'altro che superflua. La soluzione (anche se non si tratta proprio di una soluzione) va intravista nel Problema. Sempre che il Problema venga visto! Verrebbe da sentenziare che: senza Problema non si esce dal Problema.
Lo stimolo a superarsi, a guardarsi oltre, viene quindi rivolto - per molti forse con troppa astrazione - all'intuito disillusorio che ci colloca materialmente, che ci riproduce in quanto esseri separati. Questo preambolo non tanto per giustificare qualche nebulosa teoria filosofica, bensì ad aprire un nuovo determinismo Vitale! L'energia inespressa che (al contrario di quello che possiamo pensare) ci viene incontro, se solo lasciamo che accada, potrà così evolvere con coerenza! Un'energia che la deve smettere di autocelebrarsi, di autosostenersi, ma che riesca ad unirsi a quella grande 'onda' che non crediamo possibile! Un'onda che faccia intravedere cosa realmente siamo in grado di muovere. La trappola empirica, il sapore oramai insipido della Scienza molecolare deve potersi lasciare accarezzare da una 'Nuova Possibilità', la quale, contrariamente a ciò che crediamo, apre a nuovi orizzonti, incontaminati dall'idea del passato. Il NUOVO sarà dunque NON un riciclo del vecchio, ma la più trasparente Porta verso un agire meno costretto dal Corpo Carnale.

Fabbri Marco


IL VERO VITALE

C'è dunque una soglia da varcare se vogliamo trovare la forza vera dietro la vita agitata dell'uomo frontale. Secondo le spiritualità tradizionali questo passaggio è disseminato d'ogni sorta di mortificazioni e rinunce (che, tra parentesi, esaltano soprattutto la buona opinione che l'asceta ha di sè). Ma le nostre prospettive sono diverse: noi non cerchiamo di uscire dalla vita, vogliamo soltanto renderla più vasta; non abbiamo intenzione di rinunciare all'ossigeno per l'idrogeno o viceversa, ma intendiamo studiare la composizione della coscienza per vedere in quali condizioni ci darà un'acqua più chiara e ci farà funzionare meglio. Yoga vuol dire un'arte di vivere più grande [...] L'atteggiamento dell'asceta che dice 'io non voglio niente' e quello dell'uomo comune che dice 'io voglio questo e quello' si equivalgono. Il primo può essere attaccato alla sua rinuncia quanto l'altro al suo possesso. In effetti, se uno ha bisogno di RINUNCIARE a qualche cosa vuol dire che non è pronto, che sta ancora immerso sino al collo nella dualità. Ma anche senza seguire discipline particolari, possiamo fare un certo numero di osservazioni. La prima è che basta dire al vitale: "Rinuncia a questo, lascia perdere quello", perchè il vitale sia preso da un appetito irresistibile e immediato proprio per 'questo' e per 'quello'. O, se accetta di rinunciare, vuol dire che ha tutte le intenzioni di ripagarsi in altra moneta; e già che c'è, preferirà una grande rinuncia a una piccola, perchè il protagonista sarà sempre lui, in positivo o in negativo - i due aspetti sono per lui ugualmente appaganti. Smascherando questo piccolo meccanismo abbiamo colto in pieno il modo di comportarsi del vitale, vale a dire la sua totale indifferenza ai nosri casi umani: la sofferenza lo appassiona quanto l'allegria, la privazione quanto l'abbondanza, l'odio quanto l'amore, la tortura quanto l'estasi. Tanto, lui s'ingrassa comunque. Il vitale è infatti una Forza: che è sempre la stessa, sia nel dolore che nel piacere. Così, crudamente e senza eccezioni, si svela l'assoluta ambivalenza di tutti i sentimenti che costituiscono la nostra beneamata personalità di facciata. Ogni sentimento è il rovescio di un altro, in qualsiasi momento può ribaltarsi nel suo 'opposto' - ecco allora il filantropo deluso (o piuttosto il vitale deluso del filantropo) diventare pessimista, l'apostolo dell'amore fuggire nel deserto, lo scettico irriducibile diventare settario, il puro scandalizzarsi di tutto ciò che non osa fare. Cogliamo così un altro difettuccio del vitale di superficie: è un istrione incorreggibile, contento di recitare su qualunque scena (non giureremmo che anche la morte della mamma non gli dia un sottile piacere). Ogni volta che gridiamo, di dolore o d'indignazione (qualsiasi grido va bene), vuol dire che c'è dentro di noi una scimmia che ci sta prendendo in giro. In fondo lo sappiamo, eppure non la smettiamo con i nostri bei sentimenti. Infine, culmine dei suoi talenti, il vitale eccelle nel confondere tutto. E' anzi la confusione incarnata: scambia l'irruenza dei suoi sentimenti per forza di verità e  prende per la cima di una montagna il cratere fumoso di un vulcano in fondo all'abisso.
S'impone subito un'altra osservazione, corollario della prima: tranne quando vi è congiunzione di egoismi, il vitale si rivela del tutto impotente ad aiutare chichessia, o anche semplicemente a comunicare con gli altri. Non c'è UNA SOLA vibrazione vitale da noi emessa, o meglio da noi ritrasmessa, che non possa mutarsi nel proprio contrario appena arriva a destinazione: basta volere il bene di qualcuno per svegliare automaticamente il male corrispondente (o la resistenza corrispondente o la volontà contraria), come se uno fosse il perfetto equivalente dell'altro, seguendo un meccanismo altrettanto spontaneo e ineluttabile di una reazione chimica. In realtà il vitale non cerca di aiutare nessuno: cerca sempre e soltanto di prendere, in tutti i modi. Tutti i nostri nobili sentimenti hanno sempre una coloritura di accaparramento. Ad esempio provare dolore per il tradimento di un amico - o qualunque altro tipo di dolore - è un segno indiscutibile dell'ego: se infatti amassimo veramente le persone per quelle che sono, e non per noi stessi, vorremmo loro bene in ogni caso, anche quando diventassero nemiche; e comunque proveremmo gioia per il puro fatto che esistono.
In realtà i nosri dolori e le nostre pene sono ambigui e quindi sempre falsi. Soltanto la gioia è vera. L'unico 'io' vero dentro di noi è quello che abbraccia tutte le esistenze e tutti i contrari possibili dell'esistenza. Noi soffriamo perchè vediamo le cose fuori di noi. E invece tutto è dentro di noi, tutto è gioia: non esiste vuoto da nessuna parte. Forse qualcuno protesterà in nome dei sentimenti, magari obietterà: "E allora... il Cuore" (con la C maiuscola)? Ma non è proprio il cuore la sede delle maggiori ambiguità? E per giunta fa così presto a stancarsi! Ecco la terza osservazione. La nostra capacità di gioia è modesta, e modesta è la nostra capacità di soffrire: anche le peggiori calamità ci lasciano ben presto indifferenti e l'acqua dell'oblio porta via rapidamente i nostri più cocenti dolori.
[...]
Continua...


Tratto da: L'avventura della Coscienza (ed. Mediterranee)





giovedì 28 luglio 2011

PIANI E PARTI DELL'ESSERE

 
IL VITALE
Parte III 

LE FORZE AVVERSE

[...] Ci sono comunque vibrazioni di un tipo particolare che si distinguono per la loro immediatezza e violenza. Il ricercatore se le sentirà piombare addosso improvvise come una mazzata; e in pochi secondi si ritroverà ad essere 'un altro', totalmente dimentico dei suoi fini, dei suoi sforzi, della sua ragion d'essere, come se tutto fosse stato spazzato via, spogliato di senso, distrutto. Sono manifestazioni che chiameremo FORZE AVVERSE.
Si tratta di forze molto coscienti, che sembrano avere come solo fine quello di scoraggiare il ricercatore o di farlo deviare dal cammino intrapreso. Il primo sintomo della loro comparsa è subito percepibile: la gioia si vela, si vela la coscienza e tutto viene avvolto in un'atmosfera di dramma. Quando c'è una sofferenza possiamo stare certi che lì si nasconde il nemico. Il dramma è lo scenario prediletto delle forze avverse, poichè è nel dramma che possono fare più danni. Ma esse hanno dentro di noi un vecchio alleato che, nostro malgrado, ama il dramma anche quando gridiamo 'basta!'. Di solito, la prima cosa che fanno le forze avverse è spingerci a decisioni improvvise, estreme, irrevocabili, che ci allontanino  il più possibile dalla strada che abbiamo scelto: è una vibrazione via via sempre più martellante, che esige di concretizzarsi IMMEDIATAMENTE.
In altri casi si metterà a smontare, con notevole abilità, tutto il meccanismo  della nostra ricerca per dimostrarci che ci stiamo illudendo e che non arriveremo mai a niente. In altri ancora, ed è il caso più frequente, ci faranno cadere in uno stato di depressione, con l'aiuto di un altro ben noto alleato che chiameremo L'UOMO DI DOLORE: un tipo che si ricopre di un settuplice mantello di tragedia e di tristezza e che non sentirebbe nessuna ragione di esistere se non potesse essere immensamente infelice.
Tutte queste vibrazioni di disordine, che chiamiamo la NOSTRA tristezza e i NOSTRI guai, producono subito un risultato: indeboliscono o disfano la nostra distesa di neve protettiva, aprendo appunto la porta alle forze avverse. Le quali hanno mille modi per attaccarci - perchè è proprio di ATTACCHI che si tratta, tanto più accaniti quanto più ci vedono determinati nel perseguire il nostro fine. Se qualcuno crede che sia una esagerazione, vuol dire che non ha mai tentato di progredire.
Finchè avanziamo intruppati nel gregge, infatti, la vita è relativamente facile, coi suoi alti e bassi (mai troppo bassi e nemmeno troppo alti). Ma appena dal gregge cerchiamo di uscirne ecco saltar fuori mille forze che hanno il massimo interesse a farci 'fare come tutti gli altri'. Scopriamo allora quanto la nostra prigione sia ben custodita. Scopriamo anche che siamo capaci di scivolare altrettanto in basso di quanto riusciamo a salire in alto, e che in realtà i nostri abissi sono esattamente proporzionali alle nostre altezze: sono tante le scaglie che ci cadono dagli occhi: Insomma, con un minimo di onestà ci rendiamo conto che siamo proprio capaci di tutto e che, la nostra virtù è pretenzionsa impurità. Bisogna non aver mai fatto un passo fuori dalla personalità di facciata per nutrire qualche illusione in proposito. [...]
La realtà è un po' diversa: dove potrebbe essere il diavolo se non  in Dio? E se non fa parte di Dio, allora in Dio resta ben poco, dato che questo mondo - ma gli altri mondi non sono meglio - è davvero piuttosto malvagio. Non resta quindi granchè di puro, tranne forse un punto matematico, invisibile e senza dimensione. L'esperienza ci mostra però che queste forze perturbatrici hanno un loro posto nell'economia universale e che ci possono disturbare solo a livello della nostra piccola coscienza momentanea, e per giunta con un preciso fine. Prima di tutto sono lì per colpirci nel punto debole dell'armatura: se fossimo saldi e tutti d'un pezzo, non potrebbero sfiorarci neanche per un attimo. In secondo luogo, se invece di star lì a lamentarci e ad accusare il diavolo o la cattiveria del mondo, cominceremo  - grazie proprio alle loro interferenze - a guardarci dentro, ci accorgeremo che ognuno di questi attacchi ha smascherato una delle innumerevoli 'disonestà da uomo onesto'; oppure ha sollevato un poco quei cappottini che ci buttiamo addosso per non vedere. Cappottini, o cappottacci, che non ricoprono solo le nostre pustole, ma quelle di tutti: le piccole insufficienze e le enormi sufficienze di ciascuno. E se a volte le forze perturbatrici ce li strappano di dosso un po' brutalmente non è per caso, o per gratuita malignità, ma per farci vedere chiaro e costringerci ad una perfezione dinanzi a cui recalcitriamo. Perchè, appena afferriamo un filo di verità o un filino d'ideale, noi tendiamo malauguratamente a rinchiuderli a tripla mandata in un'ermetica e infallibile struttura, e a non muoverci più da lì. In altri termini, queste forze poco garbate rappresentano strumenti di progresso sia per ciascun individuo che per il mondo. 'Quel che ti fa cadere a terra è quel che ti fa rialzare', dice nella sua saggezza il Kularnava Tantra. Noi ci lamentiano delle 'catastrofi' apparentemente inutili ed arbitrarie che vengono a colpirci al cuore o nella carne e accusiamo il 'Nemico': ma non sarà magari proprio l'anima - non la mente esterna, ma lo spirito interiore - ad avere accettato e SCELTO tutto ciò come parte del suo sviluppo, per poter attraversare rapidamente le esperienze necessarie, per abbreviarle - durchhauen -, anche a rischio o a prezzo di un grande danno per il corpo e per la vita esteriore? Per l'anima in crescita, per lo spirito dentro di noi, difficoltà, ostacoli e attacchi non possono essere magari un mezzo per crescere, per acquistare nuova forza, per allargare le proprie esperienze, per esercitarsi alla vittoria spirituale? Noi ci scagliamo contro il male: ma se il male non stesse sempre lì ad assediarci e a sfidarci, da un pezzo avremmo inscatolato la Verità eterna in un breviario di piccole virtù, da un bel pezzo l'avremmo sistemata una volta per tutte. La Verità è sempre in movimento, invece, la Verità corre sempre avanti, e i principi delle tenebre servono a vigilare, magari un po' brutalmente, che non si addormenti. Le negazioni di Dio ci aiutano quanto le sue affermazioni, dice Sri Aurobindo. E Mère aggiunse: L'avversario sparirà solo quando non sarà più indispensabile al mondo. Noi sappiamo benissimo che è necessario, come la pietra di paragone lo è per l'oro, per indicarci il nostro grado di verità.
Forse, tutto sommato, Dio non è un puro punto matematico fuori dal mondo. Forse tutto questo mondo è Lui, è Lui tutta questa imperfezione che soffre e fatica per diventare perfetta quaggiù e per ricordarsi di Sè.
Di fronte alle forze avverse il rimedio è lo stesso che per le altre vibrazioni: il silenzio, un'immobilità interiore che lasci passare l'ondata. Forse non riusciremo a far sparire subito gli attacchi; ma sempre di più ci sembreranno toccare soltanto la superficie del nostro essere. Potremmo magari scuoterci, sconvolgerci; ma sentiremo, in fondo a noi, quel 'testimone' che non viene scalfito da nulla - che non è mai scalfito - e che non soffre mai. Cadremo e ci rialzeremo di nuovo, ma ogni volta saremo diventati più forti. il solo peccato è lo scoraggiamento. In pratica, il ricercatore dello yoga integrale sarà molto più esposto degli altri (sarà una BATTAGLIA), perchè vuole TUTTO INGLOBARE NELLA SUA COSCIENZA, senza scartare niente, perchè sa che non esiste solo un passaggio da forzare per andare verso la beatitudine superiore, o solo un guardiano del tesoro da sconfiggere; ma molti passaggi, a destra e a sinistra, in alto e in basso, a tutti i livelli dell'essere, e che i tesori da scoprire sono più d'uno. [...]
Continua..
Tratto da: L'Avventura della Coscienza - Satprem










sabato 16 luglio 2011

PIANI E PARTI DELL'ESSERE


IL VITALE 
Parte II
L'Abitudine di rispondere

La prima cosa che il ricercatore distinguerà nell'esplorare il proprio vitale sarà una frazione di mente che sembra avere la sola funzione di dare forma (e giustificazione) ai suoi impulsi, ai suoi sentimenti, ai suoi desideri: quella che da ora in poi chiameremo MENTE VITALE. Ma, avendo già visto la necessità di far silenzio nella mente, il ricercatore estenderà tale disciplina anche a questo strato mentale inferiore. Di lì in poi comincerà a vederci chiaro: prive dei loro abbellimenti mentali, le diverse vibrazioni° dell'essere gli si riveleranno nel loro aspetto vero e al loro vero livello. Soprattutto, le vedrà arrivare. In questa distesa di silenzio ch'egli ormai rappresenta, i minimi movimenti di sostanza mentale - oppure vitale o di altri piani - saranno per lui altrettanti segnali; e se qualcosa tenterà d'infiltrarsi nella sua atmosfera se ne accorgerà subito. Spontaneamente si renderà conto allora della quantità di vibrazioni che tutti emanano di continuo senza neanche accorgersene, saprà chi è e da dove viene la persona che ha di fronte (un aspetto impeccabile non ha il più delle volte niente a che vedere con la piccola realtà vibrante che sta dietro). Allora i suoi rapporti col mondo diventeranno chiari, capirà perchè prova certe simpatie e certe antipatie, certi timori o malesseri, e potrà così mettere ordine nelle proprie reazioni, rettificarle: accettare le vibrazioni che sono di aiuto, rifiutare quelle che intorbidano, neutralizzare quelle che vengono per nuocere. E si renderà conto di un fenomeno molto interessante: il silenzio interiore ha un potere. Se invece di rispondere alla vibrazione in arrivo resterà nella più assoluta immobilità interiore, vedrà quell'immobilità DISSOLVERE le vibrazioni; come se fosse circondato da una distesa di neve dove urti e colpi sprofondano. Prendiamo il semplice esempio della collera: se invece di metterci a vibrare all'unisono con chi è in collera riusciremo a restare interiormente immobili, a poco a poco vedremo la collera di chi ci sta di fronte dissolversi come fumo. Mère faceva notare che l'immobilità interiore, il potere di non rispondere, può anche fermare il braccio dell'assassino o lo scatto del serpente. Solo che non si tratta di mettersi una maschera di impassibilità mentre dentro tutto ribolle: con le vibrazioni non si bara, come lo sentono benissimo gli animali; non si tratta di inalberare una 'padronanza di sè' che è solo padronanza delle apparenze, ma di un vero dominio interiore. E' un silenzio che può annullare qualsiasi vibrazione: per la semplice ragione che tutte le vibrazioni, di qualunque tipo, sono CONTAGIOSE (sia le vibrazioni più basse che le più alte, si badi bene: ecco come mai il guru può trasmettere al discepolo le proprie esperienze spirituali o i propri poteri). Dipende da noi o meno accettare il contagio: se abbiamo paura, vuol dire che abbiamo già accettato il contagio e quindi abbiamo già accettato il morso del serpente o il colpo dell'assassino [...]
Lo stesso accade per le sofferenze fisiche: come si può farsi contagiare da vibrazioni dolorose, così si può circoscriverne il punto e magari, a seconda del grado di padronanza raggiunto, annullare la sofferenza, cioè disinnescare la coscienza dal punto del malato. La chiave della padronanza è sempre il silenzio, a tutti i livelli; nel silenzio infatti è possibile distinguere le vibrazioni; e distinguere vuol dire averne il dominio. Numerosissime sono le applicazioni pratiche e numerosissime le occasioni di progresso. Quella vita di tutti i giorni che viviamo tanto incoscientemente può diventare così un immenso campo di esperienza e di uso consapevole delle vibrazioni. Ecco perchè si insiste che il luogo dello yoga sia la vita stessa: stando soli è facilissimo illudersi di aver raggiunto il dominio di sè. 
Ma il potere del silenzio, o dell'immobilità interiore, ha applicazioni molto più importanti, sopratutto nella vita psicologica. Il vitale, lo sappiamo, è sede di svariati disordini e miserie, ma è anche una fonte di grande forza; si tratta quindi - un poco come nella leggenda indiana del cigno che separa l'acqua dal latte - di estrarne la forza di vita evitando le complicazioni che la vita porta con sè, e al tempo stesso senza recluderci dalla vita. Bisogna dire che le vere complicazioni non vengono tanto dal vitale in sè, quanto dall'uso che ne facciamo noi: tutte le circostanze esteriori sono infatti l'immagine speculare di quello che siamo. Ma la più grande difficoltà viene dal fatto che, erroneamente, noi ci identifichiamo col vitale e con tutto ciò che ne proviene. Il vitale dice: le 'mie' pene, la 'mia' depressione, il 'mio' temperamento, i 'miei' desideri, credendo di essere tutti quei piccoli io che in realtà non sono affatto lui. Certo, se noi continuiamo ad essere convinti che tutte quelle piccole storie siano la nostra storia, allora ovviamente non c'è altro da fare che sopportare la bella famigliola vitale con tutte le sue crisi. Ma se siamo in grado di far silenzio dentro, ci appare subito chiaro che tutte quelle vicende non sono affatto le nostre: tutto viene da fuori, lo sappiamo. Solo che noi, sintonizzandoci sempre sulla stessa lunghezza d'onda, ci lasciamo invadere da tutti i contagi. Ad esempio, ci troviamo in compagnia di Tizio o di Caio, in noi c'è silenzio e immobilità (il che non ci impedisce di parlare e di agire normalmente), e di colpo ecco che in questa trasparenza sentiamo qualcosa che ci tira o che cerca di entrarci dentro, come una pressione o una vibrazione intorno a noi che può anche tradursi in un indefinibile malessere. Se la vibrazione ce la fa ad entrare, in pochi minuti ci ritroviamo a lottare con una depressione o un desiderio, con un'agitazione o una febbre: siamo stati contagiati. A volte non sono soltanto semplici vibrazioni che ci piombano addosso, ma vere ondate. Non occorre necessariamente stare assieme a qualcuno perchè succeda: possiamo isolarci in cima all'Himalaya e ricevere lo stesso le vibrazioni del mondo.Da dove viene allora la NOSTRA agitazione, il NOSTRO desiderio, se non dall'abitudine di farci agganciare di continuo dagli stessi impulsi? Ma il ricercatore che ha coltivato il silenzio non si lascia più intrappolare da questa FALSA IDENTIFICAZIONE e finisce per sentire intorno a sè quello che chiameremo il circumcosciente, ovvero COSCIENZA CIRCOSTANTE, una distesa di neve che ci circonda e che può esser incredibilmente luminosa, forte e sicura, o che invece può oscurarsi, corrompersi (o anche disintegrarsi totalmente) a seconda del nostro stato interiore. E' una specie di atmosfera individuale o di GUAINA PROTETTIVA abbastanza sensibile da farci sentire ad esempio che si sta avvicinando qualcuno, o da farci evitare un incidente nell'istante in cui sta per piombarci addosso; ed è proprio in questa coscienza circostante che potremo sentire e fermare le vibrazioni psicologiche PRIMA che ci entrino dentro.
Di solito sono così abituate ad entrare dentro di noi come a casa propria, per affinità, che non le sentiamo neanche più arrivare: il meccanismo attraverso cui ce ne appropriamo e ci indentifichiamo con loro scatta immediatamente. Ma il silenzio interiore produce una trasparenza sufficiente a vederle arrivare, sicchè allora uno può fermarle e respingerle.
A volte le vibrazioni respinte restano a vagare nel circumcosciente, aspettando la prima occasione per precipitarsi dentro di noi, al punto che potremo sentire con estrema chiarezza la collera, il desiderio, la depressione girarci attorno; ma, a forza di essere respinte, perderanno vigore, finchè ci lasceranno in pace. Il collegamento è stato finalmente interrotto. E con sorpresa un bel giorno constateremo che certe vibrazioni che ci sembravano ineluttabili non ci toccano più. Ci passeranno davanti come uno schermo cinematografico, svuotate di qualsiasi potere; e potremo osservare con curiosità le piccole malintenzionate ritentare il loro gioco. Oppure ci accorgeremo che certi stati psicologici ci assalgono a ore fisse, o si ripetono ciclicamente: sono quelli che chiameremo FORMAZIONI, cioè amalgami di vibrazioni che per reiterata abitudine finiscono per acquisire una sorta di personalità indipendente. Vedremo come queste formazioni, una volta che ci hanno agganciati non ci mollano finchè non hanno svuotato il sacco fino in fondo, ossessive come un disco che gira e gira su un grammofono. Sta a noi decidere se 'lasciarlo suonare' oppure no. Le esperienze possibili sono migliaia, è tutto un mondo di osservazioni; ma la scoperta essenziale che avremo fatto è che in tutta la faccenda, di NOI c'è ben poco, tranne L'ABITUDINE DI RISPONDERE. [...]
A dispetto di tutte le nostre 'sagge' massime, la natura umana PUO' essere cambiata. Non c'è niente nella coscienza o nella natura di fissato una volta per sempre, tutto è soltanto un gioco di energie e vibrazioni che a forza di ripetersi regolarmente ci dà l'illusione di una necessità 'naturale'. Proprio perciò lo yoga presuppone la possibilità di un capovolgimento totale delle regole che comunemente governano le reazioni della coscienza.
Scoperto il meccanismo, avremo contemporaneamente trovato il giusto metodo per dominare il vitale, un metodo non di tipo chirurgico ma pacificatore. Non diminuiremo di sicuro le difficoltà vitali combattendole vitalmente: la lotta esaurirà le nostre energie, ma non certo la loro esistenza universale. E' da un'altra posizione che avremo partita vinta: neutralizzandole in una pace silenziosa. Se siamo in pace, ripulire il vitale diventa facile. Se invece stiamo lì solo a pulire e pulire senza fare nient'altro il progresso sarà molto lento, perchè il vitale si sporcherà di nuovo e bisognerà rimettersi a pulirlo centinaia di volte. la pace è qualcosa di pulito di per sè, perciò essere in pace è un modo di positivo di assicurarsi il risultato. Cercare soltanto lo sporco e ostinarsi a pulirlo è un metodo negativo.

° "La visione vera elimina sempre più qualunque nozione di bene e di male, di buono e di cattivo, di superiore e inferiore e via dicendo; c'è solo quella che potrei chiamare una differenza di qualità vibratoria..." "Non si tratta di un problema di tipo psicologico: si tratta solo di vibrazioni" Agenda Mère Vol. 4
"Tutto è strettamente interdipendente. E una vibrazione da qualche parte ha conseguenze TERRESTRI.." "La 'salute' non esiste neanche, non vuol dire niente.. 'malattia' non vuol dire più niente,... sono solo deformazioni di vibrazioni..." 
CONTINUA...
Tratto da: Sri Aurobindo L'avventura della Coscienza - Satprem









venerdì 1 luglio 2011

PIANI E PARTI DELL'ESSERE


Oggi proveremo a toccare il delicato settore del Vitale; critico ma sopratutto strategico piano dell'esistenza umana, il Vitale si situa come crocevia tra l'azione vera e propria legata perlopiù alle abitudini, e l'ideale di azione coniugato all'iniziativa mentale (anche quella ahimé, col\legata all'inerzia attitudinale)! 
Da un'osservazione del genere possiamo trarre una quantità di conclusioni interessanti. Quella di maggiore evidenza è che più uno diventa cosciente sulla terra, cioè più sale nella scala della coscienza avvicinandosi all'Origine, più avvicina all'Origine la terra stessa, annullando i determinismi deformanti dei piani intermedi. Ciò può avere non solo notevoli conseguenze individuali sul dominio e la trasformazione della nostra vita, ma anche conseguenze generali sulla trasformazione del mondo. 
Molto si è discusso sul problema della libertà e del determinismo; ma è un problema mal posto: non è una questione di libero arbitrio o di determinismo, ma di libertà E di una quantità di determinismi. L'uomo è soggetto ad una serie di DETERMINISMI SOVRAPPOSTI (fisico, vitale, mentale e oltre ancora), sicchè il determinismo di ogni piano può modificare o annullare quello del piano immediatamente sottostante. Per esempio, nel microcosmo individuale una buona salute fisica e una predisposizione alla longevità possono essere modificate dal determinismo vitale delle 'nostre' passioni e sregolatezze, che può a sua volta esser modificato dal determinismo mentale della volontà e degli ideali; il quale può da parte sua essere modificato dalla legge più grande dello psichico, e così via. La libertà consiste nella possibilità di passare ad un piano superiore. E così è per il destino della terra: i microcosmi e il macrocosmo sono mossi dalle medesime forze. E se noi che siamo il punto di intersezione di tutti i determinismi nella Materia, sappiamo elevarci ad un piano di coscienza superiore, contribuiamo automaticamente con ciò a modificare tutti i determinismi inferiori e a far accedere la terra ad una più grande libertà.
Ma perchè proprio la fetta del Vitale? Il Vitale perchè oltre ad esistere come intersezione con la materia più brutale, rappresenta pure la porta magica per trasformare la nostra bio-tipologia tra corpo e psiche! Non di certo un lavoro semplice e gradevole si prospetta all'orizzonte.. Analizzeremo quindi con calma tutte le più critiche aree di questo svalutato centro dell'essere. Non demordete quindi e anche se molto vi sembra impossibile: buon lavoro!
 




 IL VITALE
parte I
I limiti della morale

C'è UNA ZONA del nostro essere che è fonte di grosse difficoltà e insieme di un grande Potere. Fonte di difficoltà perchè disturba le comunicazioni dall'esterno o dall'alto, opponendosi freneticamente ai nostri sforzi di silenzio mentale, e invischia la coscienza in occupazioni e preoccupazioni meschine impedendole di muoversi liberamente verso più alte regioni; fonte di potere perchè fa affiorare in noi una grande forza di vita. Stiamo parlando della zona che sta fra il cuore e il sesso e che chiameremo VITALE.
E' la zona di tutte le confusioni: dove il piacere si mescola inestricabilmente alla sofferenza, la pena alla gioia, il male al bene, la commedia alla verità. In questa zona pericolosa le varie spiritualità del mondo hanno incontrato tante difficoltà che han preferito farci una bella croce sopra e lasciarne sussistere soltanto le cosiddette emozioni religiose: il neofita è invitato a rifiutare tutto il resto. E tutti sembrano essere d'accordo: la natura umana è intrasformabile. Ma questa chirurgia morale, presenta un doppio inconveniente, perchè da un lato non purifica niente, in quanto le emozioni dall'alto, per raffinate che siano, inquinano come le emozioni inferiori, per la buona ragione che sono sentimentali e parziali; d'altro canto si tratta di una chirurgia che non estirpa veramente, ma accantona, di modo che in sessant'anni di vita ce ne spettano quaranta di morale diurna e venti d'immoralità notturna: curiosi rendiconti.). In altre parole, la morale non può penetrare oltre i limiti della piccola personalità di facciata.
Perciò non è una disciplina morale e radicale che dobbiamo imporre al nostro essere, ma una disciplina spirituale e integrale, che rispetterà ogni parte della nostra natura, liberandola però dalle scorie. Perchè in realtà non esiste un male assoluto da nessuna parte: esistono solo miscugli di bene e di male.
Del resto, il ricercatore non pensa (se ancora 'pensa') in termini di bene e di male, ma solo in termini di esattezza o d'inesattezza. Il navigante che intende trovare le coordinate di rotta non ricorre al suo amore per il mare, ma usa un sestante, stando bene attento che lo specchio del sestante sia pulito. Così, se il nostro specchio sarà appannato non vedremo niente della realtà degli esseri e delle cose, perchè ritroveremo dappertutto l'immagine dei nostri desideri e dei nostri timori, dappertutto l'eco del nostro chiasso: non solo in questo mondo, ma in tutti i mondi, nella veglia, nel sonno e nella morte. 
Ovviamente, se vogliamo VEDERE uno spettacolo non possiamo mica restare in palcoscenico. Perciò il ricercatore saprà distinguere fra ciò che intorbida la visibilità e ciò che la rende più precisa: sarà essenzialmente questa la sua 'morale'.
 (tratto da: L'Avventura della Coscienza - Satprem)
Continua..



lunedì 6 giugno 2011

L'AVVENTURA DELLA COSCIENZA

PIANI E PARTI DELL'ESSERE
Parte I
Nella scellerata collocazione umana in ambito terrestre, notiamo sempre più spesso quanto l'individuo tenda a rimanere decentrato dalle 'cose' che lo circondano. A partire dalle sue abitudini mentali (catalogare, supporre, dubitare), a quelle espressamente più fisiche (come la difesa del territorio e dei propri spazi vitali). 
Tanto per esser chiari, l'uomo esiste come Unità nell'ambito planetario e, termini come estremo oriente, Nord, Sud etc.., mal si collocano in ambito costruttivo-evolutivo, distraggono perlopiù, screditando ulteriormente la nostra indole univoca in qualcosa di dispersivo.
Quindi l'uomo andrebbe visto come un tutt'uno, una coscienza unica integrata con il resto di questo misterioso corpo/terra. Tuttavia l'uomo è anche molto altro in Sè; l'uomo e le sue potenzialità, non maturano altro che un'osmosi con la Coscienza di Verità verso la quale ci stiamo direzionando. Proprio per questo la separazione che esso avverte in se stesso assume toni legittimabili: perlomeno analizzati concettualmente! 
Il nostro corpo avverte - quindi, seppur morbidamente, un certo distinguo tra alto e basso, tra evoluto ed involuto, ciònonostante non mutua la sua esistenza in una ricerca d'insieme.
Oggi tenteremo di far incontrare queste due così innegabili antinomie, di ricreare quell'armonia nel terreno reso poco fertile dall'Ignoranza umana.
FABBRI MARCO

[...] Non esiste in effetti nessuna separazione SE NON PER LA NOSTRA INCOSCIENZA, e i due mondi (o piuttosto questo mondo qui e gli innumerevoli altri) coesistono sempre, sono costantemente mescolati; è solo un certo modo di percepire LA STESSA COSA a farci dire in un caso 'sono vivo' nell'altro  'sono morto' oppure 'sto dormendo' (certo, se siamo abbastanza coscienti da poterlo dire e da potercene rendere conto); così come possiamo avere esperienze diverse di uno stesso oggetto a seconda del livello a cui l'osserviamo: atomico, molecolare o esterno. Insomma l'ALTROVE sta sempre e dovunque davanti a noi. Noi abbiamo attribuito un valore unico ed esclusivo a ognuno dei vari simboli che formano la nostra vita fisica esterna solo perchè ci stanno sotto al naso; ma questi simboli non sono più validi (nè meno validi) degli altri simboli che costituiscono la nostra vita extra-fisica: la realtà atomica di un oggetto nulla toglie alla sua realtà esterna nè può venirne separata, e viceversa. Non solo i simboli degli altri piani sono validi quanto quelli fisici, ma per noi è impossibile capire davvero i simboli quotidiani finchè non ne conosciamo TUTTI gli altri simboli. Senza conoscere gli altri piani della realtà la conoscenza del comune mondo umano resterà sempre falsa e incompleta quanto lo sarebbe uno studio del mondo fisico da parte di chi non conoscesse le componenti molecolari, atomiche e subatomiche della materia. Non capiremo mai niente finchè non avremo capito tutto.
C'è quindi una gradazione infinita di realtà coesistenti e contemporanee, su cui il sonno ci apre uno spiraglio naturale. Insomma, se usciamo dalla classificazione superficiale vita-morte-sonno per entrare in una classificazione essenziale dell'universo, ci rendiano conto che questo universo è da cima a fondo (finchè esistono per noi cime e fondi) un unico CONTINUUM  di coscienza-forza, una gamma di PIANI DI COSCIENZA che si estendono senza interruzione dalla Materia più materiale al puro Spirito - Fisico sottile, Vitale, Mentale, Sopramentale (chiamiamoli come ci pare, il fatto resta identico). Ed è su questi piani che si svolge tutto: la vita come il sonno e la morte. Non c'è nessun altro luogo dove possiamo andare; e non soltanto tutto si svolge lì, ma tutto vi coesiste senza separazioni. Vita, morte, sonno sono semplicemente diverse POSIZIONI della coscienza all'interno di questa scala di piani. In stato di veglia le vibrazioni mentali o vitali che riceviamo si traducono in certi simboli, in certi modi di vedere, di capire o di vivere; quando siamo addormentati o 'morti' riceviamo le STESSE vibrazioni (mentali, vitali o altre ancora) che si traducono però in altri simboli, in altri modi di vedere, di capire o di vivere LA STESSA REALTA'. 
Comunque, la chiave dell'esistenza, su questo come su altri piani, è sempre la capacità di essere coscienti: se siamo incoscienti nella vita di tutti i giorni lo saremo comunque su qualsiasi piano; la morte sarà allora davvero morte e il sonno uno stordimento e basta. Quindi, nostro compito fondamentale è prendere coscienza dei diversi piani della realtà. Una volta portato a termine questo lavoro, spariranno tutte le linee di demarcazione che separano artificialmente i vari modi di vita e potremo passare senza interruzione o senza vuoti di coscienza dalla vita al sonno o alla morte. O meglio: non esisteranno più un sonno e una morte come li intendiamo ora, ma solo modi diversi di percepire la Realtà totale, senza soluzione di continuità. Anzi, esiste forse una coscienza integrale in grado di percepire tutto simultaneamente. La nostra evoluzione non è giunta al termine. La morte non è una negazione della vita (la morte NON è il contrario della vita, non è il contrario della vita!), è un processo della vita.
Questa vita fisica in un corpo fisico assume perciò un'importanza particolare fra tutti i nostri modi di vivere, perchè è proprio nella vita fisica che noi possiamo diventare coscienti - è il POSTO DI LAVORO, è il punto in cui tutti i piani si incontrano in un corpo. Il posto di lavoro in quanto è il punto zero, o poco più di zero, dell'evoluzione; e perchè proprio partendo dal corpo, lentamente attraverso vite innumerevoli, si è formato un 'io' dapprima indifferenziato che ha cominciato ad individualizzarsi, diventando progressivamente coscienti di piani sempre più elevati, incontrando su ogni piano distese sempre più vaste di coscienza. Stando così le cose, ci saranno tanti tipi di morte o di sonno quanti tipi di vita: vita e morte sono la stessa cosa. [...]
Abbiamo già detto come l'uomo sia costituito da un certo numero di centri di coscienza che si estendono dalla cima del capo fino giù in basso. Ognuno di questi centri, un po' come un apparecchio radio sintonizzato su determinate lunghezze d'onda, è collegato con certi piani da cui riceviamo di continuo, quasi sempre inconsapevolmente, vibrazioni di ogni tipo: fisiche sottili, vitali, mentali (o più alte ancora, come anche più basse), le quali determinano il nostro modo di pensare, di sentire e di vivere. La coscienza individuale agisce come un filtro che lascia passare certe vibrazioni piuttosto che altre, a seconda dell'ambiente, dell'educazione, delle tradizioni, ecc. Come principio generale, al momento di addormentarsi o di morire ognuno di noi andrà nei luoghi coi quali avrà stabilito un certo legame di affinità. Questo però succede soltanto ad uno stadio elementare in cui la coscienza non è ancora realmente individualizzata, anche se può essere mentalmente molto raffinata. Si tratta in genere di una coscienza che pensa quel che pensano gli altri, sente quel che sentono gli altri, vive come vivono gli altri: in realtà si tratta solo di un aggregato temporaneo, che, essendo incentrato totalmente sul corpo, ha come unica continuità quella del corpo.
Così, quando questo agglomerato corporeo muore, tutto si sparpaglia in piccoli frammenti vitali, mentali, ecc., i quali, non avendo più un centro, raggiungono i rispettivi piani. E quando questo agglomerato si addormenta, più o meno tutto piomba nel sonno, dato che in realtà gli elementi non corporei (vitali, mentali, ecc.) esistono solo a causa e in funzione della vita corporale. [...]
In altri termini, la coscienza ritorna al suo passato evolutivo; da qui riceverà un mucchio di immagini caotiche, costituite dalla fantasiosa combinazione d'innumerevoli frammenti di ricordi e impressioni. Oppure continuerà, in modo più o meno confuso, le attività consuete di veglia, per scivolare poi in un passato ancora più remoto, vegetativo o larvale, che costitirà il sonno vero e proprio, simile appunto a quello delle piante o degli animali. Ci vorranno tante e tante altre tappe prima che si formi veramente un centro psichico con la sua coscienza-forza, dando coerenza e continuità a questo volatile coacervo. [...]


Tratto da:  Sri Aurobindo - L'Avventura della Coscienza (Satprem)