SOTTO IL SEGNO DEGLI DEI
Parte IV
Beethoven e Rimbaud, o magari San Giovanni, non possono certo essere il culmine dell'evoluzione, altrimenti la vita sarebbe totalmente priva di senso: chi non si rende conto infatti che le opere di quei grandi ci appaiono ammirevoli proprio perchè la vita è invece miserabile? Tutte queste opere ci dicono che la vita di lassù, con i suoi milioni di uccelli d'oro e le sue musiche divine, è tanto più bella di questa. Tutto succede lassù: ma qui? Qui la vita continua come prima. si dirà che quei pensieri sublimi, quelle poesie, quei quartetti, quegli istanti divini che abbiamo intravisto, hanno un peso maggiore di tutte le ore delle nosre vite messe insieme: ed è vero, appunto! Ma è la conferma che la nostra vita è orribilmente povera, oppure che il fine della vita non risiede nella vita. Noi però abbiamo bisogno anche di una verità nel corpo e nella terra, non solo di una verità al di sopra della nostra testa. Non cerchiamo ricreazioni, vogliamo una ri\creazione. Tutto si è svolto finora come se il progresso evolutivo individuale consistesse nella scoperta di piani di coscienza sempre più alti, di qualche isola d'illuminazione privata nel bel mezzo della trivialità economicistica; poi, una volta lassù, ci si rifugia nella musica e chi nella poesia, chi nella matematica e chi nella religione... E chi proprio non se la fa, via in vacanza su uno yacht o nella cella di un monastero: ognuno con la sua feritoia e il suo hobby. Come se la vita e il corpo servissero solo ad evadere dalla vita e dal corpo. Basta guardare le nostre vite: quando mai ci stiamo dentro? Stiamo sempre o nel prima o nel dopo, nel ricordo o nella speranza; mai nel durante - il presente è così miserabile e grigio che neanche sappiamo se esista davvero, se non per l'appunto in quegli istanti che non sono più vita. Non c'è niente da rimproverare alle chiese: tanto, viviamo già tutti e di continuo nell'aldilà; le chiese che ci propongono soltanto un aldilà meglio organizzato. Lo diceva anche Rimbaud: 'LA VITA VERA E' ALTROVE'.
La vita, non un qualche lontano aldilà silenzioso ed estatico, la vita soltanto è il campo del nostro lavoro. Arrendendosi all'evidenza che le cime della coscienza non servono a fare della vita una vita vera. Giunti al Surmentale, troviamo la gioia e un'immensità che canta, ma non una vita meno insopportabile. Quando siamo lassù in cima alla coscienza - vediamo come stanno le cose, sappiamo; ma una volta ridiscesi nella Materia, è come acqua nella sabbia. Abbiamo spedito il nostro veicolo spaziale al sommo del nostro cielo spirituale, abbiamo cantato il meglio che c'è nell'uomo senza preoccuparci dei livelli inferiori, soddisfatti se il bruto dentro di noi dorme abbastanza sodo da non turbare i nostri sogni divini - ecco perchè la vita continua ad essere così brutale, come noi del resto. Sperare in un cambiamento nella vita dell'uomo senza un cambiamento nella natura umana è impresa irrazionale e non spirituale. E' un'illusione irreale e antinaturale, un miracolo impossibile.
Ecco il motivo per cui le nostre isole di luce vengono sempre invase dalla barbarie interiore o da cancri sornioni: come accadde ad altre isole che si chiamavano Atene o Tebe. E' questo il motivo per cui muoiono: come se il Signore dell'evoluzione ci ficcasse ogni volta il naso nella terra per ricordarci che se abbiamo trovato la luce soltanto lassù non abbiamo trovato tutta la luce. La vita non muore per consunzione: muore perchè la sprechiamo, perchè non la troviamo. Da secoli e secoli siamo saliti lassù, abbiamo conquistato isole e isole, e trovato solo metà del Segreto: e così ogni volta è stata la rovina. Ma non perchè la storia non serve a niente, nè per punirci delle nostre 'colpe', nè per espiare un improbabile Peccato Originale: magari è per farci trovare quaggiù, nella Materia, l'altra metà del Segreto. Incalzati dalla Morte e dall'Incoscienza, in fondo al Male, la chiave della vita divina. Trasformare la barbarie e la notte di quaggiù, non bandirle dalla nostra isola. Dopo l'ascesa della coscienza, la discesa. Dopo l'illuminazione lassù, la gioia quassù: la trasformazione della Materia.
Possiamo dire che solo quando il cerchio si chiuderà e i due estremi si congiungeranno, quando il più alto si manifesterà nel più materiale - la Realtà suprema al centro dell'atomo - l'esperienza sarà davvero conclusa. Si direbbe che non si possa capire davvero se non si capisce con il corpo. [...]
Tratto da: L'avventura della Coscienza - ed. Mediterranee
La vita, non un qualche lontano aldilà silenzioso ed estatico, la vita soltanto è il campo del nostro lavoro. Arrendendosi all'evidenza che le cime della coscienza non servono a fare della vita una vita vera. Giunti al Surmentale, troviamo la gioia e un'immensità che canta, ma non una vita meno insopportabile. Quando siamo lassù in cima alla coscienza - vediamo come stanno le cose, sappiamo; ma una volta ridiscesi nella Materia, è come acqua nella sabbia. Abbiamo spedito il nostro veicolo spaziale al sommo del nostro cielo spirituale, abbiamo cantato il meglio che c'è nell'uomo senza preoccuparci dei livelli inferiori, soddisfatti se il bruto dentro di noi dorme abbastanza sodo da non turbare i nostri sogni divini - ecco perchè la vita continua ad essere così brutale, come noi del resto. Sperare in un cambiamento nella vita dell'uomo senza un cambiamento nella natura umana è impresa irrazionale e non spirituale. E' un'illusione irreale e antinaturale, un miracolo impossibile.
Ecco il motivo per cui le nostre isole di luce vengono sempre invase dalla barbarie interiore o da cancri sornioni: come accadde ad altre isole che si chiamavano Atene o Tebe. E' questo il motivo per cui muoiono: come se il Signore dell'evoluzione ci ficcasse ogni volta il naso nella terra per ricordarci che se abbiamo trovato la luce soltanto lassù non abbiamo trovato tutta la luce. La vita non muore per consunzione: muore perchè la sprechiamo, perchè non la troviamo. Da secoli e secoli siamo saliti lassù, abbiamo conquistato isole e isole, e trovato solo metà del Segreto: e così ogni volta è stata la rovina. Ma non perchè la storia non serve a niente, nè per punirci delle nostre 'colpe', nè per espiare un improbabile Peccato Originale: magari è per farci trovare quaggiù, nella Materia, l'altra metà del Segreto. Incalzati dalla Morte e dall'Incoscienza, in fondo al Male, la chiave della vita divina. Trasformare la barbarie e la notte di quaggiù, non bandirle dalla nostra isola. Dopo l'ascesa della coscienza, la discesa. Dopo l'illuminazione lassù, la gioia quassù: la trasformazione della Materia.
Possiamo dire che solo quando il cerchio si chiuderà e i due estremi si congiungeranno, quando il più alto si manifesterà nel più materiale - la Realtà suprema al centro dell'atomo - l'esperienza sarà davvero conclusa. Si direbbe che non si possa capire davvero se non si capisce con il corpo. [...]
Tratto da: L'avventura della Coscienza - ed. Mediterranee